Avrete letto del putiferio, ora anche italiano, che gruppi di cattolici oltranzisti stanno scatenando contro uno spettacolo teatrale. Fra quei gruppi c’è Militia Christi. Dunque, la storia di oggi riguarda quel che è avvenuto a settembre a Torino, ed è stata raccontata sulle pagine locali di Repubblica.
Ps. Vi ricordo che domani dalle 9.30 alle 18.30, alla Casa Internazionale delle Donne a Roma, si terrà l’incontro nazionale sui consultori “La vita siamo noi”.
Dicono che i bambini uccisi dall’aborto sono stati sostituiti dagli extracomunitari destinati «a diventare nostri schiavi», lanciano l’allarme sull’Islamizzazione dell’Europa, dichiarandosi membri anche del partito di Magdi Cristiano Allam. Parlano sullo sfondo di una grossa croce che al posto dei chiodi ha feti di plastica e mostrano un manifesto con la foto di Silvio Viale, che porta il cartello provocatorio «Sono un piccolo boia». «In realtà – dicono – mente, perché è un grande boia, non piccolo».
La scena, piuttosto inquietante, per immagini e parole, è avvenuta davanti all’ospedale Sant’Anna ieri mattina. Tre volontari dell’associazione “Ora et labora in Difesa della Vita” si sono dati appuntamento in via Ventimiglia per volantinare e fermare le donne che entravano in ospedale o semplicemente passavano davanti all’ingresso. L’attacco è contro la pillola abortiva Ru486 e contro la legge 194 per la quale stanno promuovendo un referendum abrogativo.
Verso le 11 è intervenuto Giuliano Guareschi, della direzione sanitaria, che ha controllato l’autorizzazione a sostare, ha invitato a non entrare in ospedale per distribuire volantini alle donne, ha chiamato la Questura per una verifica. Gli agenti sono arrivati poco dopo: la croce è stata rimessa in auto, l’invito è stato quello di rimanere sul marciapiede e non entrare in ospedale. Il leader del gruppo è Giorgio Celsi, infermiere in camice bianco e tesserino di riconoscimento della clinica milanese Istituti clinici Zucchi: «Il fatto che io sia un infermiere non è assolutamente un problema. Faccio anche parte di Verità e vita». È lo stesso uomo che qualche mese fa era stato protagonista di un episodio simile, raccontato da una nostra lettrice che accusava i volontari di pressioni psicologiche e aggressioni verbali. Un caso sul quale anche la Procura aveva aperto un inchiesta. L’infermiere non nega che i volontari siano anche entrati in ospedale: «Che male c’è? Se vediamo una donna che piange le diciamo che con l’aborto si uccidono i bambini e che in alternativa c’è l’adozione». Accanto a Celsi si affanna anche Anna Maria Pacchiotti, orgogliosa di rivendicare la sua appartenenza all’associazione “Militia Christi”. È lei a sostenere che le assistenti sociali «costringono le donne ad abortire». Più tardi arriva anche il giovane Gianluca Valpondi, dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Tutti sono convinti che la delibera del presidente della Regione per far entrare i volontari Pro vita all’interno di consultori e ospedali sia «un gran bene».
Il Movimento per la vita prende le distanze da “Ora et labora”: «Dichiariamo la nostra totale estraneità all’iniziativa», firma il presidente torinese Valter Boero. La presidente della commissione sanità del Comune di Torino Lucia Centillo parla di violazione dell’etica professionale: «Il fatto che si tratti di un infermiere che indossa il camice determina un danno di immagine nei confronti della professione e una grave violazione deontologica nei confronti della dignità delle donne che ricorrono ad un servizio previsto da una legge nazionale». E sul caso il Collegio infermieri di Torino ha già segnalato la situazione al corrispondente ordine milanese. I radicali Nathalie Pisano e Igor Boni insistono sulla libertà di scelta: «Siamo per il diritto di tutti di manifestare. Quello che non può essere accettato è che giungano pressioni alle donne».
La gravità della cosa è talmente evidente che non ha bisogno di commenti. Alcuni dettagli però danno la misura di quanto questo paese sia ormai assuefatto alle crociate confessionali, che come minimo non disapprova, e spesso condivide. Mi riferisco al fatto che l’infermiere operasse in camice bianco (e magari anche in orario di servizio). Se io, da dipendente pubblico quale sono, andassi a manifestare con il badge appuntato al petto verrei (giustamente) licenziato: perché questo signore no? L’altro giorno un episodio molto meno grave, ma classificabile nello stesso registro, è occorso a me: l’insegnante della scuola materna pubblica che ha preso la mia domanda di iscrizione per i miei bimbi, sfogliandola ha letto l’opzione “no” all’ora di religione e si è messa a questionare per farmi cambiare idea. Vi pare normale? A me, francamente, no.
I signori di Militia Christi sono pericolosi – in senso tecnico. Alzano spesso le mani, oltre ad avere una propaganda aggressiva su tutta una serie di questioni legate alla civile convivenza tra soggetti diversi. Sono catto-nazisti: è una descrizione scorretta tuttavia li descrive per bene. Fino a pochi anni fa erano assolutamente marginali, penso lo sia anche oggi in termini numerici. Tuttavia, su alcuni specifici temi come l’aborto si dimostrano capaci di aggregare anche persone più ragionevoli e meno sgradevoli. Trovo pazzesco gli si permetta di manifestare davanti agli ospedali o – peggio ancora – di farli entrare nei luoghi dove sono le donne in attesa dell’intervento. E francamente non capisco – scusate la brutalità – come mai sia così semplice licenziare una donna incinta e così farraginoso mandare a casa infermieri e medici complici di queste incursioni.
Gesù crocifisso con feti di plastica?! Io non ho più parole, mi viene letteralmente da vomitare. Mi chiedo cosa ne penserebbe (Gesù, intendo), di questo bel teatrino, e di questi Suoi miliziani…
i contenuti e le forme di questa protesta sono davvero atroci. Ma la cosa che mi preoccupa di più è che è l’ennesima dimostrazione che sempre più gente prova il bisogno di definirsi appartenendo prima che dialogando. Mala tempora currunt…
l’unica speranza di salvarsi dal ridicolo per questa gente che mette in scena una farsesca pantomima del martirio è quella di dichiararsi artisti.Ma il lavaggio del cervello a cui sono stati sottoposti fin da piccoli non lascia pensare a un simile colpo di teatro.Le posizioni personali,in particolare sui temi intimi,e i relativi motivi meritano sempre rispetto.Quando invece è il fanatismo a dominare la ribalta infiammandola,significa che una regia oscura ricama trame provocatorie idonee ad inquinare il dibattito
Ridicolo ma anche angoscia, sembra la tendenza tutta statunitense alla spettacolarizzazione e alla minaccia, dobbiamo aspettarci anche i killer dei medici non obiettori? Sempre in nome della Sacralità della Vita ovviamente.
Me ne ero scordata.
I signori di Milizia Cristi hanno provato a menarmi, e mi hanno anche inseguita quando da regazzetta volantinavo pe Rutelli Sindaco.
Mentre volantinavo pacifica mi hanno interrogata in tema di aborto e mi hanno cominciato a urlare contro, va detto anche perchè all’epoca la presi un po’ a ridere, mi sentivo protetta da un momento storico, dalla legge da una maggioranza, ero più giovane. Io irritante loro incredibili patologici ridicoli e pericolosi.
Scappai, e ne ho un ricordo confuso – sentimenti di supponenza, di avere a che fare con qualcosa che si ha bisogno di ritenere innoquo, ma che innoquo non è. Oggi bisogna evitare di relazionarsi a questi gruppi con la stessa superficialità che avevo io allora)
(ot. non cedete al facile umorismo di dirmi che ahò se una volantina pe rutelli un castigo se lo merita… l’ho capito tardi 🙂 )
@zauberei, comprendo appieno quello che dici, conosco l’esperienza di parlare con persone che non ascoltano e che mentre parli si fissano su una delle parole che hai detto che per te magari è anche spiritosa ma che per loro è il DEMONIO per cui smettono di ragionare o parlare e urlano, ti insultano e contemporaneamente è come se si attappassero le orecchie per non sentire…
questa gente non dovrebbe avere lo spazio pubblico che ha in questo momento, dovrebbe essere aiutata ad evolversi e a tranquillizzarsi e non strumentalizzata dai politici d’accatto che ci governano.
E’ pericoloso, oltre che faticoso, contrastarli…. ma c’è una soluzione?
l’unica che conosco e cioè il dialogo – che si basa su informazione conoscenza, sviluppo della critica rispetto dell’altro e istruzione, ma sinceramente non so se è ancora praticabile…la fuga te l’appoggio, ma prima o poi ci si deve fermare e trovare una soluzione, e se è collettiva è meglio….
….è l’ignoranza profonda in cui siamo sprofondati che mi spaventa, davvero
Quando da ragazza vidi questo film
http://en.wikipedia.org/wiki/If_These_Walls_Could_Talk
rimasi impressionata dalla violenza con cui, nell’ultimo episodio della trilogia, si vedono manifestare gruppi di antiabortisti: uno di loro alla fine irrope in ospedale e spara al medico che sta eseguendo un intervento.
Lo ammetto, pensai che cose del genere erano da fanatici “americani” e che qui non sarebbe mai stato possibile che accadessero….. ora sembrano fin troppo vicine.
Ma cos’è successo?
Purtroppo il passo successivo, negli Stati Uniti, sono gli arresti delle donne incinte che hanno aborti spontanei. Il tentativo di servirsi delle leggi statali per aggirare ed eventualmente smantellare la sentenza Roe vs Wade sulla quale si basa il diritto di abortire è in corso da tempo. Le notizie non le ho trovate su nessun giornale italiano, eccole dal Guardian: http://www.guardian.co.uk/world/2011/jun/24/america-pregnant-women-murder-charges
Vi do una (buona?) notizia.
Stanotte mi è apparso il professor Cutolo in persona (quello che negli anni Sessanta insegnava Storia in TV all’italiota medio semianalfabeta) e mi ha detto – ci credereste? – che questi di Militia Christi col cristianesimo c’entrano esattamente come le Brigate Rosse con la socialdemocrazia.
E, rispetto alla tolleranza che certi cattolici moderati hanno nei confronti di tali posizioni, mi ha ricordato di quando per molti di noi i BR erano “compagni che sbagliano”.
Che avrà voluto dire?
Cioè, Binaghi, come quando, da destra, si parla di nazismo e comunismo?
Dovremmo dedurre che, visto che in Ungheria è in atto una vera e propria dittatura cristiana razzista omofoba e misogina che riconosce poche chiese e ha declassato tutte le altre e che ha modificato la Costituzione in direzione antidemocratica, includendo i diritti dei feti (oltre a istituzionalizzare un bavaglio all’informazione e altre cosucce del genere – in altri paesi la cosa si denuncia a gran voce, qui un bel po’ meno, ma pazienza), e negli Stati Uniti nel Mississippi è stata proposta una modifica costituzionale per rendere illegale l’aborto, mentre un candidato mormone e uno creazionista che vuole il “disegno intelligente” insegnato nelle scuole come spiegazione unica dell’evoluzione si contendono la possibilità di battere Obama alle prossime elezioni – ecco, mentre succede tutto questo e da noi si entra negli ospedali con i feti sulle croci, dovremmo
a) stare tranquilli/e, perché qui c’è una sana e solida tradizione democratica;
b) evitare di parlarne perché… chi è senza peccato scagli la prima pietra, e soprattutto occorre fare mea culpa per gli errori del passato, e pazienza se intanto l’abisso si avvicina?
Forse Militia Christi esagera , ma l ‘”opera” teatrale di Romeo Castellucci , “Sul concetto del Volto del Figlio di Dio” è pura e solo volgarità, oscenità da osteria frequentata da ubriaconi e cocainomani. Contestare , dunque, è un dovere. Punto e basta!!!
@Ilaria
Mah. La prima regola delle guerre contemporanee (che si combattono a colpi di audience e non di shrapnel) e fabbricarsi un nemico di comodo. Lo fanno quelli di Militia Christi e lo fate voi, dimenticando che il problema non è convincere della malvagità del nemico ma della bontà della propria causa milioni di cattolici che a inalberare feti davanti agli ospedali non ci pensano nemmeno, ma restano tuttavia convinti che la vostra difesa dell’autodeterminazione della donna non sia supportata da una visione dell’uomo e della sessualità degna di questo nome.
Binaghi, almeno io non voglio persuadere alcuno della bontà della mia causa o delle mie opinioni. Ho il massimo rispetto per i milioni di cattolici e per i loro sentimenti. Auspico solo non interferiscano con la mia vita con i loro convincimenti. Non vorrei dovermi trovare a credere per forza alla transustansazione – non ce la faccio. Tuttavia non impiego i miei pomeriggi a volantinare fuori delle Chiese su questo argomento.
Cavoli a merenda, come al solito. Buonanotte.
@ Valter Binaghi
Io credo che il concetto stesso di autodeterminazione includa in sé la possibilità che la persona che di “autodetermina” abbia una visione poco convincente, o leggera, o immorale, o moralistica, della sessualità.
In questi hai molto insistito sulla necessità di educare all’affettività; credo anche io che ciò possa essere utile – addirittura necessario se vogliamo cittadini consapevoli e maturi – ma questo è un aspetto slegato dal diritto all’autodeterminazione: essa non può essere subodirnata alla “maturità” della persona in questione; esattamente come il suffragio universale non viene messo in discussione, anche se la maggior parte dei votanti non si informa e magari vota pensando solo al proprio interesse immediato.
Per quanto riguarda la “visione dell’uomo”, capisco che siamo di fronte al nucleo della questione: per i cattolici l’embrione è vita. Per me esso è vita (come lo è una gallina), e, dal momento in cui si crea il nuovo patrimonio genetico (circa 24 ore dalla fecondazione), è anche un progetto di vita umana. Tuttavia ìntimamente ritengo che la violenza che si fa ad una donna quando la si costringe alla gravidanza (attenzione: alla gravidanza, cioè a portare quel feto dentro di sé – non alla maternità) sia superiore a quella che si fa al feto, se esso viene ucciso (purtroppo devo ammettere che la parola è calzante) in tempo (per esempio, prima che si sviluppino un sistema nervoso e una coscienza).
Io credo che la questione non si potrà MAI dirimere. Dal mio punto di vista, ritengo giusto che il diritto all’aborto sia concesso, in teoria e anche in pratica.
Ai cattolici spiegherei che le donne hanno sempre abortito, e quindi chiederei loro se per loro, nella pratica, essere “per la vita” significa lasciare che il feto venga abortito o fare in modo che quel feto venga comunque abortito e che anche la madre rischi la morte.
Niente da aggiungere. I diritti sono una cosa, l’educazione un’altra.
Sui primi siamo daccordo, sulla seconda no.
Ma non è di questo, anche, che si tratta?
Questo a me interessa di più, e secondo me su questo siete lacunose.
Valter secondo me non ha molto senso parlare di Brigate Rosse e di cattolici più o meno autentici, è chiaro che in entrambi i casi si parla di estremismo fanatico, ma il problema della loro presenza è che è stata AUTORIZZATA A LIVELLO POLITICO. Chi lo ha fatto non aderisce forse ai Militia Christi ma è a tutti gli effetti complice del loro modo di agire. Francamente, “grazie” ai leghisti abbiamo velocemente abbattuto diversi tabù sul razzismo arrivando a proposte di legge nazistoidi come l’adottabilità dei figli dei clandestini, ora stiamo velocemente scivolando verso il Far West negli ospedali. Ti sembra normale?
No, affatto. Io sono lombardo, e dei leghisti mi vergogno.
Forse Militia Christi esagera , ma l ‘”opera” teatrale di Romeo Castellucci , “Sul concetto del Volto del Figlio di Dio” è pura e solo volgarità, oscenità da osteria frequentata da ubriaconi e cocainomani. Contestare , dunque, è un dovere. Punto e basta!!!
Domenico, scusami, metto i due punti: l’opera della Societas (che io non ho visto) è uno spettacolo teatrale e quindi un’espressione artistica (non dirmi che quello però non è arte, altrimenti ci tocca andare avanti per secoli sul concetto di arte). Bene, l’arte non è pedagogia, non suggerisce comportamenti, ma elabora simboli, linguaggi, maneggia la materia culturale dalle scatole di fagioli all’ascesi mistica. Mettere paletti su quello che si può trattare o no è un po’ pericoloso, l’arte così la distruggi, ma tutta non solo quella della Raffaello Sanzio. Un’ultima cosa: l’immagine di Gesù non è di proprietà dei cattolici, io ho avuto un’educazione cattolica e vorrei avere il diritto di “ragionare” sulle immagini cristiane, se facessi arte, anche di condividere questi “ragionamenti”. Non facciamo censura, dite che lo spettacolo fa schifo, ma non che non è corretto rappresentarlo. Giudichiamo ma non chiudiamo le bocche che parlano, il mondo sarebbe invivibile senza alternative culturali.
Senza contare che la Socìetas Raffaello Sanzio è la Compagnia teatrale di ricerca più nota al mondi, insignita di premi prestigiosi e apprezzamenti del pubblico, costantemente invitata nei maggiori festival internazionali.
La prima cosa che penso è che noi ci siamo ritirate dagli spazi pubblici, e che loro li hanno occupati. Lo stesso vale per i (neo)fascisti di Casapound: la sinistra (in tutte le sue forme) si è ritirata dagli spazi pubblici, e loro li hanno occupati. Forse sbaglio.
No Anonimo (a) che non sbagli, ciò che tu dici è quel che effettivamente è accaduto nel senso che abbiamo assistito ad un progressivo allargarsi dello spazio di confronto, di discussione, di produzione di cultura e, quindi, si, di spazio pubblico per cui ciò che ritenenvamo assurdo e impossibile che accadesse si è fatto sotto i nostri occhi fino a trovarcelo improvvisamente cresciuto a dismisura. Vale per i nostri diritti di donne, vale per i nostri diritti di cittadini italiani di non rivedersi presentato il fascismo sul cui ripudio avevamo fondato la Costituzione; vale per l’arroganza della frangia oltranzista, ipocrita e violenta del cattolicesimo, Vale, cioè, per tutto ciò che avevamo capito essere un male e ci eravamo impegnati a contrastarlo, al fianco di uomini disposti ad interrogarsi sul loro privilegio di nascere in una società costruita per assecondarlo; vale per le persone di destra che coltivano le proprie idee senza sconfinamenti totalitari, nazisti, fascisti, razzisti; vale per quei cattolici che abbracciano quanto c’è di più forte e vero del concetto della fratellanza che Gesù Cristo ha incarnato affinché i suoi lo incarnassero a loro volta.
E mentre noi tentiamo di ripristinare le fondamenta di una società così come avevamo preso a costruirla e cerchiamo di farlo dialogando, proponendo, progettando, proprio qui e su questo tema si presentano loschi intenti mistificatori che sono qui per confondere il nostro dialogo. Perché l’azione di questi è capillare, dobbiamo saperlo. E non demordere. Poiché se le “cose” non siamo noi a farle, non solo non si fanno da sole, ma altri faranno le loro e le loro, in questo caso, in questo passaggio epocale, in questo contesto socioeconomico e, sopratutto, culturale, sono quelle di affermare un fascismo globale. Non ci vuole poi così tanto per accorgersene orami, e speriamo di essere arrivati in tempo.
Anche per questo dobbiamo ringraziare Loredana e augurarci spesso buon lavoro: non molliamo e buona settimana a chi è qui con intenti costruttivi.
@ Valter Binaghi
Vedo che utilizzi spesso l’espressione “educazione all’affettività”. Questo tipo di educazione secondo te trasmetterebbe “una visione dell’uomo e della sessualità degna di questo nome”.
Io non riesco a ragionare su cose che non conosco (per di più il termine “affettività” è piuttosto generico e va oltre la sfera sessuale), allora tu saresti in grado, dato che in rete sono pubblicati progetti di educazione sessuale, di linkarne almeno uno, che ritieni avere questa caratteristica di educazione all’affettività (quindi contenere “una visione dell’uomo e della sessualità degna di questo nome”)?
Non ne ho voglia nè tempo. Farei prima a dire come lo organizzerei io un corso di questo genere, argomenti, tempi, interventi ecc. Non in questa sede, ovviamente, visto che mi accusano di prendere già troppo spazio e di deviare dal “progetto” presupposto in questi articoli.
Guarda che la questione non è di “organizzare”, la questione è di illustrare i contenuti per capire i presupposti, per cui non c’è altro modo che esporre un corso da cima a fondo.
Chiaramente tu non avresti le competenze per progettare un corso di questo tipo, proprio per questo ti chiedevo se sei in grado di mostrarne almeno uno. In rete se ne trovano, anche intitolati specificamente all’educazione all’affettività.
Vedo che sei sempre pronto a servirti dell’argomento”tu quoque”, ma molto evasivo quando si tratta di entrare davvero nel merito…
grazie Maddalena, ero l’Anonimo (me ne accorgo solo ora)
Evasivo?
No. Ma sono stufo di farmi chiedere patenti da gente che si dà arie di libertario e invece, per dirla con Saviano, passa il tempo a infilare spilli in culo alle mosche.
Se vuoi sapere cosa penso dell’educazione vai sul mio blog, alla voce Scrittarelli pedagogici ne trovi una quindicina.
A sua volta Saviano citava Celine.
Anch’io temo che educare all’affettività sia una pretesa piuttosto equivoca. Pretende cioè di proporre modelli inerenti la sfera dei sentimenti che è attività rischiosa quando si hanno di fronte educandi provenienti, intanto, da contesti culturali ben più ricchi di quanto in Italia riusciamo a prendere atto. Senza arrivare all’omofobia, come educherebbe un cattolico convinto che l’omosessualità sia contronatura? Cosa si metterebbe in circolo con la proposizione di modelli affettivi parecchio immaturi soprattutto in questo Paese che è stato capace di fare così tanto spazio al razzismo, alla misoginia redivivi e prepotenti che pongono ostacoli continui all’affermazione di una cultura dell’autodeterminazione dei soggetti e, particolarmente, delle donne? Educheremmo al sentimento del rispetto, ad esempio? Ma non sarebbe al contempo troppo generico e troppo specifico?
Non è forse questa stessa pretesa ad agire mediante la presenza di cattolici nei consultori, sulle donne? Non si vorrebbero così educare all’affettività, ad una certa affettività, la stessa che ha concepito i cimiterini dei feti, le donne che sono nelle condizioni o che scelgono di abortire? Quali sentimenti si pretenderebbe di instaurare nei soggetti?
Ma, alla fine, da dove mai può nascere una pretesa del genere se non nell’insicurezza di vedere già messo in discussione un modello superato dalla Storia che nel suo vacillare si afferma con violenza? Perché è violento voler indurre il senso di colpa, sempre, ma qui lo si vuole imporre a metà della società, le donne.
Totalmente diversa è l’educazione alla sessualità consapevole che ha come presupposto l’intento informativo e formativo senza per questo interferire sulle forze che danno luogo ai sentimenti.
Mi sono già espressa altrove sul fatto che l’educazione sessuale è in ogni caso difficilmente slegata e slegabile da discorsi più complessi, e vedo che Herato la pensa più o meno come me, mentre io mi ritrovo nella sua importante distinzione circa l’autodeterminazione e la necessità, in un paese democratico e laico, di rispettarla e difenderla.
Tornerò volentieri con più calma, e penso che se fossimo al punto di discutere sui dettagli di come impostarla, saremmo già molto avanti, perché saremmo uniti dal presupposto fondamentale che qualcosa occorre fare. Intanto segnalo una legge proposta in UK, perché credo che una legge in proposito andrebbe proposta anche qui. Magari, anzi senz’altro diversa e migliore, ma qualcosa di concreto va fatto e in fretta. http://services.parliament.uk/bills/2010-11/sexandrelationshipseducation.html
Interessante, per me, che si parli di educazione alla sessualità e alla relazione. In un altro documento olandese, che avrò cura di segnalare, si nota come l’educazione sessuale, anche lì sempre legata all’educazione alla relazione, risulta avere effetti positivi sull’accettazione dell’omosessualità. Che non significa dire, preciso in caso di fraintendimenti in agguato, che con l’educazione sessuale la si incoraggi. Significa evitare discriminazioni, sofferenza, stereotipi e così via.
@maddalena Gli equivoci sono sempre in agguato, ma se ci si confronta nello spirito di una ricerca laica di verità all’interno di una società in cui un’etica pubblica sia fondata sul rispetto delle diverse posizioni e sulla ricerca di una loro conciliabilità, le soluzioni si trovano. Ad esempio basta chiarire che non siano modelli a essere proposti, ma vengano dati strumenti di riflessione volti a incoraggiare una scelta libera e informata, con la presentazione di diversi punti di vista. Io sono stanca, molto stanca, dell’equivoco che qui qualcuna voglia andare in giro a dire ai ragazzi: ehi, fate tutto quel che vi pare, tanto male che vada c’è l’aborto. Si pensa anche molto male dei ragazzi e delle ragazze, se si crede che non avrebbero da soli obiezioni a tanta (eventuale, ma poco realisticamente immaginabile) superficialità. Non sarà un caso se molte delle loro domande si concentrano sul fatto che la sessualità è ineludibilmente legata alla procreazione, e sanno che avranno impulsi e desiderio e che sbaglieranno, e che non saranno pronti a essere genitori, e che l’ultima cosa che vorranno sarà di dover fare scelte che a fatica riescono a immaginare. Per questo, visto che dovranno nuotare in un mare profondo e non privo di pericoli, rifiutare loro un salvagente lo trovo profondamente immorale. Poi è evidente che quel che si preferisce fare è insegnargli a nuotare. Ma non è che mentre uno impara, o se è in difficoltà, io gli dico: affoga.
Fantastico.
Educare a intendere il sesso come espressione degli affetti, e la pienezza degli affetti come relazione personale (diversa dallo sfruttamento o dall’approccio turistico) – perchè è di questo che si tratta – sarebbe prevaricante e potenzialmente omofobo.
Invece limitarsi a distribuire pillole e incappucciare banane senza preoccuparsi della maturità con cui l’atto sessuale si compie, è il nec plus ultra di civiltà.
Avanti così, verso magnifiche sorti e progressive.
(E notare che si continua a parlare di temibile ingerenza cattolica nell’educazione quando nessuno qui ne ha fatto cenno)
Bisogna proprio essere cattolici per distinguere tra fare l’amore e una marchetta? Mi meraviglio.
@Ilaria, mi fa piacere che tu abbia richiamato la parola “relazione” che trovo molto più adeguata di “affettività” a definirne la differenza da un’altra parola che spesso si dà come equivalente, ovvero “rapporto”. Sia nella relazione che nel rapporto si possono giocare i sentimenti, ma non soltanto quelli ed è con la prospettiva di vincere gli equivoci, direi di evitarne al massimo l’insorgenza che possiamo affrontare un progetto che ponga fine al rischio del quale parli (“che qui qualcuna voglia andare in giro a dire ai ragazzi: ehi, fate tutto quel che vi pare, tanto male che vada c’è l’aborto”). Siamo sempre a rischio, infatti, che il richiamo alla consapevolezza di sé, del proprio corpo, alla responsabilità nelle relazioni ci venga ritorto contro in termini di accusa di moralismo – ed è accaduto nel percorso proposto da Lorella Zanardo, ad esempio -. Così come il medesimo intento è stato ed è interpretato come invito al libertinaggio: la libertà sessuale intesa nell’esatto contrario in cui il femminismo l’ha posta. Ma oggi sul tema si vanno ancora creando confusioni enormi in cui le riduzioni sono all’ordine del giorno. Ed è un bene parlarne, chiarire, non stancarsi, Ilaria, poiché, come vedi si tratta di un lavoro che sembra non finire mai come se fosse in azione una domanda perenne di …latte materno, simbolicamente inteso 🙂
Grazie, Ilaria, per aver postato il testo inglese. A me sembra buono. Del resto mi sembrava anche buona l’esperienza portata avanti nella scuola di uno dei tuoi figli -) Anche chi, come me, è più sul versante informativo si rende conto dell’impossibilità di rescindere il legame profondo tra sessualità e relazioni umane. Credo ci si scontri sul significato di queste ultime. Dubito gli adolescenti siano pronti ad avere una relazione pari a quella di una adulto e con la stessa progettualità – tuttavia hanno diritto di essere rispettati e di pretendere rispetto. Hanno una loro progettualità, legata a quel momento della vita e non deve essere sovrapposta a quella adulta o denigrata. Del tuo commento riferito ai tuoi figli ho molto apprezzato la parte in cui dicevi – se non ho mal compreso – che non è compito dei genitori decidere come e quando i figli avranno o se lo avranno un rapporto orale ma che la scuola e la famiglia devono dare loro gli strumenti per comprendere le cornici in cui ciò si colloca.
Così come una relazione tra adulti può avere diversi esiti – felici, infelici e mediani ma esistono innumerevoli rispettabili sfumature tra la marchetta (una prestazione a pagamento) e la sessualità esperita con chi abbiamo scelto come partner auspicandolo per la vita. Quest’ultima scelta mi pare poco saggia avvenga durante l’adolescenza. Anche se a qualcuno è capitato e non se ne è pentito.
Walter, nessuno ti chiede ‘patenti’, ti si chiede di portare un esempio concreto di quella che chiami ‘educazione all’affettività’ per comprendere concretamente di cosa parli e capire i presupposti teorici che stanno alla base dei tuoi discorsi. Uscire dalle espressioni generiche, definire le proprie tesi, farsi comprendere è necessario per una discussione razionale.
Invece agitare in continuazione argomenti non pertinenti tutti riconducibili alla persona fa pensare a una grande premura volta non alla discussione e condivisione, ma a normare gli altri (e anche a bearsi di costruire spilli per inculare mosche, direi).
“Educare a intendere il sesso come espressione degli affetti, e la pienezza degli affetti come relazione personale (diversa dallo sfruttamento o dall’approccio turistico)”
Non è affatto generico, è fondamentale.
Direi che è lo spartiacque tra la pedagogia della persona e l’icappucciamento delle banane.
E presuppone il rispetto dell’affettività come espressione personale piuttosto che la riduzione dell’affettività a sessualità e la sessualità a pura informazione contraccettiva, che è il modo migliore per imporre un modello eterosessuale a chi eterosessuale non è.
@Maddalena
Trovo che il tentativo di valorizzare quel che dice Ilaria ostinandoti a non vedere che è sostanzialmente lo stesso di quel che dico io sia un perfetto esempio di sciovinismo di genere, sempre meno commovente (ha perso la sua naiveté già negli anni Settanta) e sempre più anacronistico.
Valter, hai trovato un modo quantomeno indiretto di cominciare a costruire a partire dal riconoscimento del pensiero di un’altra (io). E’ una cosa che fin qui non ti avevo visto fare quasi mai, e che ti risulti difficile me lo dice il modo un tantino contorto con cui ci sei arrivato. Ma preferisco concentrarmi sul passo avanti importante che sembriamo riuscire a fare.
Vedi, offrire feedback e aggiungere un pensiero a quello di un altro/a è parte del circolo virtuoso della mente cibernetica intesa da quel Bateson che so che piace anche a te. Non è certo automatico riuscire a farla funzionare, e se qui ora ci stiamo riuscendo fra donne è tutt’altro che un punto di partenza scontato o, come lo chiami tu, uno sciovinismo di genere. Io la trovo una conquista faticosa e meravigliosa. Se poi riusciamo a farlo, finalmente, anche con te, anche questo a me non dispiace.
Se vuoi esempi che chiariscano ciò che qui non siamo, e che non capisco bene perché ti vedo ostinato ad accusare alcune di essere, io – purtroppo, ma anche per fortuna – ne sono piena. Qualche sera fa ho notato uno spot della Renault Twingo in cui una madre nota un tatuaggio sul fondo schiena della figlia, e dapprima sembra rimproverarla: cos’è quello? Poi però si slaccia la zip sul retro e le mostra fiera il suo: “questo sì che è un tatuaggio!” La conclusione della pubblicità: una bella riduzione (a mio avviso, naturalmente) della personalità delle due donne all tatuaggio, il fondo schiena e la seduzione: “Twingo, personalità in movimento”. E la donna si personalizza così, come l’auto. L’ho segnalata al gruppo contro la pubblicità sessista, e ci sono persone d’accordo con me. Qualcuna, però, la trova carina, soprattutto per quella complicità tra mamma e figlia. Certo, se poi per curiosità vai a vedere di chi si tratta, è una persona che ha sul profilo la foto di una donna con le mani legate dietro la schiena, il sedere in bell’evidenza, e la scritta “Se pensi che le bionde lo facciano meglio, non ti sei ancora fatto una rossa”. (In inglese, letteralmente, non hai avuto). Non sto giudicando, attenzione, sto cercando di capire da che genere di premesse proviene quel giudizio sulla pubblicità, e il linguaggio ancor più della foto a me segnala che quella persona ha di se stessa una visione più da oggetto che da soggetto. Che è tutto il contrario di quel che io penso i ragazzi e le ragazze dovrebbero imparare ad essere. E per questo ritengo che all’educazione alla sessualità e alla relazione sarebbe da affiancare una riflessione sui media e sugli stereotipi di genere e di ruolo nei media e nella cultura, se proprio volessimo fare tutto il lavoro che va fatto.
Ora io non so come altre e altri qui la pensino su quello spot. A me colpisce che tu fin qui abbia accusato di pericoloso libertinismo persone che da altre parti, come indicava Maddalena, sono state accusate di essere bacchettone e moraliste. E’ uno Scilla e Cariddi che a me pare qui si combatta da tempo con una battaglia per un immaginario diverso che è molto in relazione con ciò di cui stiamo parlando. E ti ringrazio perché, grazie a una serie di incomprensioni, stai permettendo di chiarire, spero una volta per tutte, che è proprio al travisamento dell’idea di libertà sessuale che molti e molte qui si oppongono.
Ah, qui lo spot: http://www.youtube.com/watch?v=tmqucvXKV50 Non è certo questa complicità berlusconiana il mio ideale di educazione alla relazione, e di relazioni con i figli o gli studenti. Ma chiaramente sono pronta ad ascoltare opinioni diverse.
@ ilaria
io ho vista la pubblicità, e per la definizione che ho trovata su wikipedia di sessismo, non si può parlare di pubblicità sessista. Al massimo si può dire che mette in ridicolo una donna. La riduzione di personalità e la complicità berlusconiana con tutto il rispetto possibile non ci sono. La svolta finale è pessima, ma gioca con il rovesciamento di uno stereotipo, quello del genitore proibizionista.
@ ilaria
ps
è possibile che una persona abbia di sé una visione da soggetto che preveda di essere oggetto?
quel tipo di complicità non è nemmeno il mio ideale, ma non per via del tatuaggio che un genitore ha tutto il diritto di farsi e non perde certo autorevolezza..ma si perde autorevolezza e sovente si diventa ridicoli quando si vuol fare a tutti i costi “gli amici” dei propri figli (e magari ci si fa un tatuaggio non perchè lo vogliamo per noi stessi ma solo perchè c’illudiamo così di capire meglio i nostri figli), insomma il genitore deve fare il genitore, deve essere attento, comprensivo ma non deve fare “l’amico”. Gli amici sono altri/e.
ciò detto, lo spot è stupidino come molti spot ma sinceramente non colgo la “riduzione della personalità delle due donne” che Ilaria ha visto (che poi non vedo che c’entri il tatuaggio sul sedere con la seduzione, non che ci veda qualcosa di male nel sedurre con un tatuaggio ma fra i tanti motivi per cui ci si fa un tatuaggio non mi pare ai primi posti..ma sarà che non ho mai trovato sedutivi i tatuaggi)
e chiarisco che quando dico che “un genitore deve fare il genitore” non auspico affatto il genitore “proibizionista”, il mio ideale sarebbe un genitore appunto comprensivo che rispetta anche la volontà della figlia adolescente di farsi un tatuaggio sul sedere, ma se lui padre o lei madre vuole farsi un tatuaggio lo fa per se stesso/a e non solo per fare “bella figura” agli occhi della prole. Spero di essermi spiegato.
@Ilaria
Non vorrei che sembrasse il solito “divide et impera” del maschio patriarcale, ma io qui tutta questa identità di vedute non la colgo tra le commentatrici. Quando leggo quel che scrivi tu o Zauberei, anche se non sono daccordo, mi vien volglia di dire “ma anche…”
Altre cose che leggo mi fan pensare di essere tornato al peggio degli anni Settanta. Poi capisco anche che la solidarietà di genere possa essere un valore per qualcuna, ma attenzione perchè è anche una trappola: quando si fa il minimo comun denominatore, le posizioni si riducono verso il basso.
@ Binaghi
l’immagine è bella, ma sei sicuro che si riducono verso il basso? Poi perché tiri sempre in ballo ‘sti anni ’70?
Su alcune questione, come questa sull’educazione alla contraccezione, credo sia possibile se non addirittura necessario trovare un minimo comun denominatore. Sarà forse un compromesso al ribasso? E’ possibile, non certo. Sul resto ci si divide, senza troppi problemi. Non conosco l’età dei singoli commentatori ma per me gli anni Settanta sono un periodo studiato sui documenti storici: non appartengono al mio vissuto. Forse, Walter, senza polemica, ma è davvero un tuo fantasma.
Temo di avere messo troppa carne al fuoco e di essere stata poco chiara, complice anche un periodo di riposo scarso. Non era mia intenzione scatenare polemiche e neppure trascinare la discussione OT. Certo che è possibile scegliere di porsi come oggetto, l’importante è essere (messi) in condizione di scegliere. Lo spot l’ho citato per soffermarmi sulla cornice del modello educativo, certo non per giudicare alcun tipo di scelta. (Esce effettivamente da un certo tipo di stereotipo, però a mio avviso (ri)cade in un altro, ma questo è un altro discorso). E l’ho citato anche per sottolineare come anche il minimo comun denominatore non cada, per me, entro la cornice irresponsabile entro la quale lo vedevo messo. Penso che abbiamo raggiunto forse anche di più di un minimo da cui partire, e ritengo, come aveva sottolineato Barbara più su, che la proposta inglese possa essere un modello a cui ispirarsi per cominciare a fare un lavoro concreto di proposta.
Il mio spirito è di fare il possibile per migliorare la qualità dell’acqua in cui le giovani generazioni nuotano, non solo cambiandola secondo quel che a noi sembra giusto, ma offrendo a loro la possibilità di imparare a cambiarla come crederanno. Non è che fin qui noi abbiamo fatto un lavoro fantastico, purtroppo. Negli anni Settanta alla RAI hanno trasmesso Processo per stupro, se non ricordo male. Quel che è successo dopo lo conosciamo bene.
@ Ilaria
come premessa, i miei interventi possono non sembrarlo ma vogliono essere completamente personali e gentili, anche quando mettono in discussione ogni singola parola detta da altri. La mia domanda oggetto soggetto era birichina, nel senso che già sapevo la risposta e già sapevo cosa mi avresti risposto. Però: se tu segnali una pubblicità sessista, il problema è il sessismo. Se una persona ti dice che la pubblicità gli pare carina ( a parte che non è questioni di gusti, una pubblicità può essere carina e sessista ), e tu vai a cercare le premesse di tale giudizio, esprimi un pregiudizio. Cioè: trattasi di persona che ha di sé una visione come oggetto. Un pregiudizio che guardacaso viene menzionato nella definizione di sessismo su wikipedia. Secondo te lo spot ricade in un altro stereotipo: quale? Poi accenni a Processo per stupro e dici che sappiamo bene quel che è successo dopo, ma io per esempio non lo so.