Sul Telegraph il Ministro della Sanità britannico Wes Streeting parla del problema dell’obesità: problema, dice, perché grava sul servizio sanitario persino più del fumo. Ma non è tutto: “E sta frenando la nostra economia. Le malattie causate dall’obesità inducono le persone a prendersi in media quattro giorni di malattia in più all’anno”.
Dunque? Dunque:
“Oggi annunciamo un investimento di 279 milioni di sterline da parte della più grande azienda farmaceutica al mondo, Eli Lilly, in una collaborazione che comprende l’esplorazione di nuovi modi di fornire servizi sanitari e assistenziali alle persone affette da obesità e uno studio quinquennale nel mondo reale di un trattamento all’avanguardia per l’obesità”.
In pratica, si offrono punture dimagranti di Mounjaro, un farmaco per la cura del diabete a base di tirzepatide o di Wegovy della Novo Nordisk, per “cambiare la vita dei pazienti e aiutarli a tornare al lavoro”.
Ora. Immagino che nessuno obbligherà i due terzi della popolazione inglese considerata sovrappeso o obesa ad assumere tirzepatide. Ma mi interrogo moltissimo sul controllo dello Stato sui corpi dei cittadini. Mi interrogo soprattutto quando si parla della necessità di renderli efficienti, in modo da non perdere neanche una giornata di lavoro. Mi interrogo quando un farmaco viene considerato efficace a prescindere dalla storia personale del paziente. Non sono un’esperta, non so nulla di medicina. Qualcosina di letteratura, però, la so. E non a caso mi è venuto in mente un romanzo di Dave Eggers, Il cerchio (è del 2013) che prefigurava un mondo “sano” e trasparente grazie ai social network, nel caso.
Mi chiedo perché non se ne parli. Mi chiedo perché non ci preoccupiamo.