Infine, sono tornata, con alle spalle un mese e mezzo fitto di incontri e di scrittura, e come a ogni ritorno trovo sul tavolino la pila di libri di settembre. Come ogni anno, mi chiedo come andrà. Come ogni anno, penso a quante cose belle abbiamo a disposizione, e faccio voti perché trovino la loro strada. Cosa non semplice. Perché da troppo tempo si ripete la lamentazione comune dei troppi titoli. E’ un problema, e non piccolo, e neppure nuovo: ma si sta aggravando. Come può il lettore professionista assolvere al suo compito nell’oceano di titoli che si trova davanti?
Dunque forse bisognerebbe tirare il fiato, ricordare che la vita di un libro è imprevedibile, come molti sanno, e scrivere con l’anima in pace. Bisognerebbe anche che la critica avesse più spazi per esprimersi e per fare il suo lavoro, che, ripeto, non è quello di far vendere, ma quello di analizzare. Bisognerebbe, infine, placare le aspettative generali. Perché se si continua così, gli scrittori a inseguire il libro che vende tantissimo, gli editori a dover vendere tantissimo quel libro, i librai a dover basare le prenotazioni su quel che si è venduto, mentre noi tutti, lettori e scrittori, continuiamo ad annaspare tra novantamila titoli l’anno, si implode, semplicemente. E anche in tempi brevi.
Detto questo, voglio comunque fare gli auguri di buon vento ad alcuni libri fra i molti che mi aspettavano a casa: Nei nervi e nel cuore di Rosella Postorino, Ogni cosa è per Giulia di Lucia Tancredi, Il gelso di Gerusalemme di Paola Caridi, Le mie cose preferite di Susanna Tartaro. E le bozze dell’imminente Il male che non c’è di Giulia Caminito.
Tutte amiche tue, bofonchieranno i soliti. Tutte scrittrici che conosco e amo, rispondo: come al solito, si è amici di qualcuno perché lo stima, e non si stima qualcuno perché è tuo amico. Ma che lo scrivo a fare?
Ben ritrovato, commentarium.