Matilde Serao non era stata affatto pacifista. In Evviva la guerra, addirittura, la celebra. Ma era prima, appunto. Era il colonialismo. Era il nazionalismo. Era qualcosa di cui si parlava con l’euforia degli inconsapevoli (perché lo si era, in moltissimi casi). Ma a conflitto in corso, cambia. Prima, più morbidamente, in Parla una donna, e poi con Mors tua, romanzo dimenticato e infine recuperato.
La pubblicazione di Mors Tua è del 1926. La critica lo ignora. Salvo le accuse, di parte fascista, di “pessimismo apocalittico”. Per questo motivo Serao non viene sostenuta nella candidatura al premio Nobel che invece andrà a Grazia Deledda.
Abbiamo, in molti casi, solo la possibilità del racconto. E a volte, per quei racconti, si paga.