E allora, com’è stato questo 8 marzo? Da una parte vien da dire: difficile, sempre più difficile. Difficile non tanto per le condizioni in cui camminiamo, perché certo, settant’anni fa ancora le donne non avevano il diritto di votare (lo avrebbero esercitato per la prima volta, in Italia, giusto il 10 marzo del 1946, per le amministrative, sbeffeggiate e osteggiate da destra e da sinistra, perché, si sa, il popolo è maschio, e la massa è femmina). Difficile perché è sempre più complicato insinuarsi nei discorsi, che da una parte sono giocoforza semplificatori (donne! E’ la vostra festa! Beccatevi questa bella mimosa sulla bacheca! Le donne sono il profumo della vita l’alba il tramonto i prati in fior eccetera), dall’altra faticano a uscire dalla reiterazione (donne! indigniamoci tutte! Siamo la parte migliore del creato! eccetera). Difficile perché quando si prova a intraprendere qualsiasi iniziativa, come quella, duplice, della presidente della Camera Laura Boldrini di sottolineare di nuovo l’importanza della declinazione al femminile del linguaggio e di abbassare a mezz’asta la bandiera di Montecitorio per ricordare le donne uccise, scatta la solita ghignata social e non solo (Donne! Sempre a fare cose inutili! Dobbiamo chiamarlo otta marza? E gli uomini morti sul lavoro? E i padri separati? E i marò?).
Però, grazie al cielo, non è sempre così, e non è per tutte e tutti così. Ci sono le compagne di via di #obiettiamolasanzione che anche ieri hanno ribadito che il diritto di scegliere se essere o meno madri va salvaguardato. Ci sono le donne che hanno manifestato, e comunque hanno ricordato quanto sia importante la pari dignità e la pari retribuzione nel lavoro. E ci sono gli uomini che si sono dedicati a diffondere la realtà sulla situazione lavorativa anche usando un gioco. Per esempio Mauro Vanetti, al cui lavoro ho dedicato la rubrica di domenica, che vi posto qui:
“Lei si chiama Irene, lui si chiama Marzio. Sono pronti per un colloquio di lavoro. Si chiedono se indossare o meno un piccolo gioiello, prima di affrontarlo. Puoi scegliere tu per loro, dal momento che sei il giocatore: sappi però che se sceglierai sì, la collana di Irene sarà valutata come segnale di eleganza, e l’orecchino di Marzio susciterà, nel responsabile delle risorse umane che li esamina, dubbi di sospetta omosessualità. Perché ogni risposta alle domande poste riceverà una diversa valutazione. Se i due candidati si definiscono capaci, ambiziosi, professionali, Marzio sarà considerato determinato, Irene presuntuosa. E se immaginano per sé un futuro con un lavoro solido e una famiglia, Marzio sarà una persona attendibile e Irene una donna “ a rischio maternità”. E’ un gioco, molto serio e molto adatto per l’imminente 8 marzo, quello ideato da Mauro Vanetti, sviluppatore indipendente ma anche curatore dell’antologia “Tifiamo Asteroide” lanciata dai Wu Ming, e realizzato con la consulenza di @figuredisfondo e la direzione grafica di Emanuele Klemp. Il gioco si chiama “Two Interviewees” e si scarica gratuitamente da qui, in italiano, inglese e francese. Il punto di partenza è il Gender gap nelle posizioni lavorative e nelle retribuzioni (ancora sfavorevoli alle donne), e alla fine del gioco sono fornite le statistiche sulla discriminazione di genere su dati dell’Unione Europea. Qualcuno, a quanto pare, ha protestato considerando l’iniziativa troppo femminista: molti altri, però, continuano a scaricarla (funziona per Windows, Mac, Linux e Android) e a poche ore dal lancio, è diventata la visual novel più popolare della piattaforma. Fatelo anche voi”.
Ps. Il mio 8 marzo, per inciso, è stato bellissimo: tornavo da Torino dopo la seconda lezione sul fantastico dove molta parte hanno avuto due grandi scrittrici, Shirley Jackson e, sì, Chiara Palazzolo, per condurre la serata di Radio3 dedicata a Natalia Ginzburg, alla sua scomoda intelligenza e al suo rifiuto delle semplificazioni, con molte splendide compagne di via, da Margherita Buy a Niconote, da Paola Soriga a Sandra Petrignani e Giulia Galeotti, da Gioia Costa alla mia amata compagna di stanza Laura Palmieri. Ecco, avercene, di serate così.
Mi commuove la tua fedeltà all’amicizia e alla stima di una scrittrice crudelmente scomparsa. E, per ieri sera, sì, è stato molto bello ricordare insieme Natalia Ginzburg. Da un faticoso 9 marzo…
Le amicizie non muoiono mai, cara, carissima Sandra. Ancora grazie.
Spero che prima o poi la massa dell’universo femminile capisca quanto è importante che riesca in qualche modo a fare “squadra”. ricordo ancora con orrore le telefonate su radio24 (mi pare) qualche ora dopo la liberazione della piccola natasha kampus . la gran parte delle donne si chiedeva come mai ci avesse messo tanto (una decina d’anni) a scappare e se in qualche modo quell’abominio le andasse in fondo bene. ne sono ancora inorridito. speriamo che le cose maturino.
Giudicare da un episodio, per quanto aberrante, mi sembra un po’ poco.
Si infatti, mi guardo bene dal giudicare. era solo un ricordo molto, molto spiacevole. guardo invece con fiducia ed ammirazione all’intelligenza ed al dinamismo delle donne di cui abbiamo sempre più bisogno in una società spesso omologata e chiaccherona. ciao
Bellissimo lo speciale di ieri sera, grazie al vostro lavoro ho riscoperto una scrittrice che avevo un pò accantonato. Ma non è stato solo questo. La trasmissione ha colmato un vuoto in una giornata che avrei voluto più piena di eventi, come accadeva, qualche volta, in passato, qui a Roma. Vorrei tanto che ci fossero più donne, ogni anno in questo giorno, che avessero il coraggio di prendersi un giorno di ferie da tutto e da tutti…