THE KING AND I

Immagina di ricevere una mail in cui ti si annuncia una proposta che riguarda Stephen King, e già il cuore della Fedele Lettrice batte più forte. Immagina che quella proposta riguardi la curatela della nuova antologia di racconti e il cuore della Fedele Lettrice galoppa. Ebbene, è quel che mi è accaduto.
Non riesco a parlare in termini professionali – o almeno non subito – del Bazar dei brutti sogni, in arrivo il 22 marzo per Sperling&Kupfer, con le traduzioni di Giovanni Arduino,Chiara Brovelli, Alfredo Colitto, Christian Pastore. E non per ingenuità da fan: o forse sì, invece. Perché quando si ama uno scrittore e lo si segue da anni, è difficile scindere passione di lettrice e coinvolgimento lavorativo, e magari è giusto così.
Di fatto, non posso che essere onorata, dal profondo del mio cuore galoppante, per il compito che mi è stato dato: e che è evidentemente secondario non solo rispetto al lavoro dell’autore, ma a quello dei traduttori, che hanno fatto grandi cose. Mi sono limitata a cercare di dare una Voce, per così dire, coerente e il più possibile uniforme nel rispetto della varietà linguistica di King e di chi lo ha tradotto. Non è stato un lavoro semplicissimo, ma è stato affascinante, anche perché mi ha permesso di avvicinarmi con attenzione maggiore all’originale.
Ecco. l’originale.
Al solito, King dimostra una straordinaria abilità nel raccontare, come pochi, ogni piega dell’animo umano. Certo, gli appassionatissimi ritroveranno quel che cercano: gli uomini bassi in soprabito giallo di Ur e il magistrale omaggio a se stesso di Miglio 81, con la summa di tutte le automobili assassine, e naturalmente ci sono demoni in forma di bambino cattivo o di pallina verde o di duna sabbiosa. I migliori, per me, sono quelli che si annidano dentro gli umani: specie se impoveriti dalla crisi economica, e dunque spinti a operare scelte drammatiche dalla mancanza di prospettive. Accade alla giovane coppia di Morale, indotta a compiere un peccato che potrebbe salvarla finanziariamente e distruggerla emotivamente e accade alla “spazzatura bianca” di uno dei racconti più belli, Herman Wouk è ancora vivo. Oppure ancora, si compie il Male per sfida, come nell’esilarante Fuochi d’artificio ubriachi (ma è un Male veniale, e ci si diverte un bel po’) o per troppo amore, come in Giù di corda. E, a proposito, la morte è molto presente nel King dei tardi anni, e non fa neppure così paura: è un fatto oggettivo, come in Premium Harmony, dichiaratamente alla Carver e dunque nitido come acqua che ribolle sotto una lastra di ghiaccio, e come in Tuono estivo, che chiude la raccolta con struggente fiducia negli uomini e nella loro capacità di rivolta anche quando la parola fine è stata scritta. Ma c’è anche l’amore, e molto: per i figli e per i padri e per le donne. E soprattutto per le parole. Perché anche il dolore più atroce può essere raccontato parlando la lingua di Dio, come sanno i due vecchi poeti che conoscono Herman Wouk. E come sa, benissimo, Stephen King.
Amatela, questa raccolta, come l’ho amata io nei giorni in cui ero alle prese con lei, e con montagne di carta, di appunti, di note a margine, e soprattutto con il desiderio di non uscirne più.

7 pensieri su “THE KING AND I

  1. Steve King non ha proprio paura di nulla, se davvero si è aggirato – immagino circospetto, sogghignante e sottilmente inquietante come una duna verde ubriaca che segue un demone in fuga dall’inferno incarnato nelle guanciotte di un bimbo – dalle parti di Ray Carver, un cliente difficile da gestire anche per chi abbia la luccicanza.
    Invidio Steve perchè si siede davanti ai suoi incubi e li riversa nella Lingua dell’Uomo che non crede nella parola fine a differenza di Dio che ha scritto da qualche parte tutte le parole fine, anche se forse è solo una particella fantasma piccina picciò.
    Mi piacerebbe avere la sua luccicanza e non sognare, dopo il crepuscolo, fuochi d’artificio ubriachi che bruciano spazzatura bianca abbacinante che rotola per dune inquietanti che sembrano sogghignare, ma dovrò accontentarmi di cercare un sereno momento di pausa tra le sue pagine.

  2. Sono contento per Loredanona con la quale ho avuto qualche battibecco e contento di rivedere assieme Omar e Crepascolo sperando che lo “stallo” prima o poi finisca…

  3. Credo che Omar sia ancora in “stallo ” – anche se i suoi preferiti sono i mexican standoffs e tutti i trielli di Sergio Leone – perchè non ha ancora terminato di scrivere le prefazioni ai prossimi due romanzi di Steve King di cui sono da tempo il ghost writer o scrittore fantasma piccino picciò. Diciamo che dopo che quel tanghero ha quasi piallato la risorsa + famosa di Bangor, il Re ha realizzato fosse il momento di dedicarsi anche ad altro e ha sguinzagliato i suoi cacciatori di teste perchè tornassero con qualcuno che accettasse di sfornare cinque/seicento paginette inquietanti all’anno.
    Che posso dire? Sono pagato per fare qualcosa che tanto faccio continuamente da quando con cinquecento lire si comperava un Topolino ed un ghiacciolo alla menta. Sto anche pensando di movimentare la faccenda e di proporre a Steve di lasciare scrivere a Omar il prossimo
    ” Herman Melville è vivo nella pancia della balena e si chiede da dove stia chiamando Ray Carver” . Ottocento paginette. Io mi occuperei della prefazione. Omar ha la luccicanza e scive con la stessa facilità con cui oggi King schiva i SUV impazziti. Così avrei + tempo per terminare l’inedito di un grande intellettuale italiano recentemente scomparso. Siete pronti per una altra storia di monaci medioevali piallati da un libro ?
    ( ottocento paginette )

  4. se c’è un autore capace di trasmettere il piacere della lettura prima dei venti anni è proprio il Re, un Dostoevskij risorto dalle ceneri forse proprio per questo. Una bella responsabilità quella che ti hanno affibbiato, dal momento invece che un’antologia di racconti forse non è l’ideale per le presentazioni. Sarai all’altezza comunque

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