Abbiate pazienza, ma visti certi titoli di quotidiani ripropongo qui quanto scritto il 17 novembre sulla mia rubrica per l’Espresso su Tolkien e la destra. Sperando che basti, e non basterà, perché quando si è ignoranti e non si vuole cessare di esserlo poco si può fare.
“La vita è ingiusta: sei un grande critico letterario, scrivi su prestigiose riviste, pubblichi quasi cinquanta libri e vieni ricordato soprattutto per un titolo, Oh, quegli orribili Orchi, con cui bolli Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien come “spazzatura bambinesca”. E’ così ingiusta che tocca anche qui rievocare Edmund Wilson, che firmò la stroncatura, per commentare quella che in Italia è stata la settimana politica tolkieniana, e che ha giustamente suscitato lo stupore di testate internazionali: in effetti, raramente si era visto un simile dispiego di forze governative per celebrare uno scrittore.
Peccato che i motivi di tanto fervore non siano letterari e appartengano semmai alla concitata quest della destra per affermare la supremazia, o almeno l’emersione, della propria cultura. Faccenda interessante: perché la cultura è l’insieme di idee e di passioni e di condivisioni che creano una comunità, ma le comunità non sono definibili come i buoni e i cattivi sulle lavagne degli anni Sessanta e sostenere che la destra ama Tolkien e la sinistra ama Marquez significa avere una ben strana idea della letteratura.
Infatti di letteratura si è parlato poco, nella settimana tolkieniana, perché il professore è diventato faccenda per notisti politici e non per studiosi, come quelli dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani che da un decennio lavorano filologicamente sull’opera, e hanno sostenuto nuove traduzioni presso Bompiani e la pubblicazione di testi inediti nel nostro paese. La celebrazione sorvola invece sull’opera e si concentra sull’uomo, sostenendo ecumenicamente che Tolkien è di tutti, ma dicendo nei fatti che appartiene ai lettori di destra, come le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin (nel 2020 Giorgia Meloni recitò il monologo di Daenerys Targaryen durante la presa di Meereen) e come La storia infinita di Michael Ende.
Ora, chi legge e studia la letteratura fantastica sarebbe stufo di una narrazione che avoca alla parte più conservatrice del paese tutto quello che è mito, immaginario, visione. Sarebbe stufo anche di sentir parlare di eroi e di supremi valori mentre in Tolkien, ma anche in Martin, si parla semmai di critica del potere. Sarebbe stufo, infine, di continuare ad assistere all’avvitamento ormai più che decennale della sinistra nel voler fare a meno proprio del mito e dell’immaginazione e della visione, perché a forza di contrapporre la razionalità e il realismo alla “spazzatura bambinesca” si finisce per perdere prospettiva, oltre che elettori. Magari andrebbe ricordato a tutti quegli intellettuali che tuttora vivacchiano appollaiati a una cattedra o a un profilo social lanciando anatemi sugli orchi, senza riuscire a capire che è possibile leggere contemporaneamente e con la stessa passione Manganelli e Tolkien, Joyce e Martin.
Dunque, la cosa preziosa di oggi è una raccolta di saggi ancora inedita in Italia. Si intitola Tolkien and Alterity ed è curata da Yvette Kisor, docente di letteratura medievale. Kisor ha appena sostituito Verlyn Flieger alla direzione della più prestigiosa rivista accademica su Tolkien, Tolkien Studies. Il primo saggio, firmato dalla stessa Kisor, si intitola Queer Tolkien. Tutto questo mentre, in Italia, un drappello di maschi di mezz’età parla di quanto sia conservatore il professore di Oxford.