Giugno, comunicato stampa.
“Dopo aver ricevuto una nuova tranche di finanziamenti per 23 milioni di dollari, la compagnia di social gaming CrowdStar ha annunciato il lancio del suo primo titolo per dispositivi mobili: Top Girl. Il nuovo social game, che sarà gratuito e disponibile per sistemi operativi iOS, si rivolge al pubblico femminile interessato alla moda e allo shopping.
Sebbene CrowdStar abbia già sperimentato tale settore su Facebook attraverso il gioco It Girl, i duei titoli non avranno nessun collegamento. Top Girl si configurerà infatti come un gioco di ruolo esclusivamente per smartphones (senza integrazioni Facebook) in cui l’utente deve creare un avatar modaiolo in grado di divenire popolare attraverso il proprio gusto per il fashion.
Il gameplay ruota essenzialmente intorno al lavoro di modella, più si lavora in quel campo più si ottengono punti da spendere per comprare vestiti migliori e quindi divenire popolari. Inoltre è stata inserita una funzionalità attraverso la quale è possibile flirtare con altri utenti per conquistare un “fidanzato virtuale”.”
Settembre, lettera a Repubblica.
“L’altro giorno è venuta a trovarmi mia nipote di 12 anni e sono rimasta affascinata dall’uso diffuso che fa del cellulare, per chattare nelle community, mandare sms, giocare. In quel momento stava giocando a Top Girl, scaricato da internet. Le ho domandato come si giocasse e mi ha risposto: «È un gioco in cui faccio la modella poi con un vestito elegante e qualche lira vado in un locale in cui posso scegliere tra diversi ragazzi, ciascuno ti può dare qualcosa, chi più soldi chi più vestiti. Una volta “usato” lo mollo e ne prendo un altro in funzione di quello che mi serve e così via. Poi più lo invito fuori, gli faccio regali o gli do baci, più lo faccio innamorare e quindi più mi dà!». Incuriosita, ho voluto giocare anch’io e ho scoperto esserci più livelli: più soldi hai più puoi accedere a vestiti belli, più vestiti belli hai, più puoi salire i piani del locale dove incontri ragazzi più danarosi. Mi impressiona vedere come questo tipo di giochi si sia diffuso tra i giovani.”
Ps. Sono onoratissima di essere fra le ventinove “altre Miss Italia” di Vita da streghe.
Wow, che gioco educativo!!! Dopo le veline in tv ci mancavano sol più quelle virtuali. In tutta onestà credo che una simile applicazione serva soltanto a lobotomizzare i cervelli delle ragazzine. Sono terrorizzato. L’inciviltà dell’immagine e del potere che avanza e che corrompe e che mortifica l’intelligenza tutta.
Ma chi se ne frega se è educativo o no… come non sono educative le console rosa dedicate a lei o l’intera serie “Giulia”… e potreu andare avanti all’infinito sull’argomento…
Scusate solo a me impressiona il, non irrilevante dettaglio, 23 milioni di dollari per una azienda che fa giochini social e per dispositivi mobili. MA STIAMO SCHERZANDO!!!
Il problema non è cosa si produce, ma chi riceve i finanziamenti… bisogna partire dalla fonte…
Credetemi con 23 milioni di giochi per dispositivi mobili ne produci a cariolate, con tanto di campagna di lancio…
Complimenti, siete davvero un bellissimo gruppo di Miss! Non conoscevo il blog Vita da Streghe…
E’ un gioco terrificante, lo potrebbero chiamare Top Terry. Non so da dove arrivino i soldi, ma mi pare che l’interesse a diffondere un certo tipo di condizionamenti sia trasversale a un bel po’ di gente e relativi business. Grazie davvero dell’informazione, vigilerò, per quel che riguarda il privato. Ma non c’è nient’altro che si può fare? E’ istigazione alla prostituzione, per quel che mi riguarda.
A 12 anni io coi videogiochi stavo in un gruppo di eco-terroristi e salvavo il mondo, e non mi pare di aver avuto danni permanenti, quindi perché dovrei giocare a una cosa fatta apposta per venire incontro alle mie evidenti capacità celebrali ridotte…?
Banale scopiazzatura. In Italia esiste da tempo un gioco di ruolo chiamato “Social Blowjob”. Il leader del gioco si reca ogni giorno a Palazzo Chigi, o a Monte Citorio o a Palazzo Madama dove, fittiziamente, promette un milione di posti di lavoro e il taglio delle tasse. Tra coloro che ci credono vengono selezionati i più affidabili, ai quali viene concesso di entrare nel vivo del gioco. I premi, in ordine progressivo in base ai meriti acquisiti presso il leader, vanno dal cd del cantautore Mariano Apilella alla possibilità di partecipare al trenino chiamato Banga Banga. Non trattasi ovviamente del trenino da San Silvestro degli impiegati. Ossia, si afferrano sempre i fianchi di quello che ti sta davanti, ma il finale è diverso. Il tutto, poi, sfocia in un contributo più o meno volontario di circa 50 miliardi di euro di fronte ai quali i 23 milioni di dollari usati per CrowdStar sono una miseria tale che chi partecipa al “Social Blowjob” li spende in una sola serata per le partite a flipper.
Scusate la mia ignoranza, ma me lo sono sempre chiesta: non esiste un controllo o una legge sulla commercializzazione di giochi per ragazzi/e minorenni che tuteli dalla diffusione di messaggi diseducativi?
Perché la potenza formativa del gioco ormai è indiscutibile. Il modo migliore di apprendere (qualsiasi cosa) è giocando.
PS: Grazie per aver citato il nostro contro-contest!
In effetti Enrico Gregori ha ragione, il gioco originale si svolge quotidianamente in Italia.
Ad ogni modo il problema è sempre di carattere educativo: bisognerebbe domandarsi perché queste ragazze (ancora preadolescenti) sentono il bisogno di conquistare i ragazzi per ottenere vestiti e denaro. Qualcuno le ha educate in tal senso e quindio il mercato dei games offre loro quello che chiedono oppure è il mercato stesso ad indirizzare verso una certa direzione? Si tratta della solita storia dell’uovo e della gallina, solo che dodici anni è un’età delicatissima e una volta acquisita una certa forma mentis rimane per sempre.
E’ tristissimo, a livello linguistico e non solo, notare come le parole vengano strumentalizzate: “una volta usato” (ma il verbo usare non si usava per utensili e attrezzi vari?), “dare dei baci” (è fin troppo evidente il sottotesto secondo cui ben presto quei baci si trasformeranno in qualcosa di più!)
Beh, la lettera a Repubblica spiega molto bene come una dodicenne possa aderire a certi modelli ‘per gioco’ entrando in un meccanismo che abitua ad una certa logica – e non altra – che poi può diventare assuefazione a quel modello – acriticamente, data l’età. Però non esiste come dice Giorgia Vezzoli, un controllo? Che magari metta una scritta come sui pacchetti di sigarette: ‘questo gioco danneggia gravemente la tua salute mentale’! Dico sul serio.
la povertà ci farà tornare un po di stile.Non tutti i default vengono per nuocere(e la famiglia mafiosa con la sua classe certosina non costituirà più un modello per nessuno.Lo stesso si potrà dire dei Parterre de rois che i colossi della cultura che stanno a capo delle aziende televisive riescono ora a predisporre)
http://music.philtanner.com/Wham!/The%20Best%20of%20Wham!-%20If%20You%20Were%20There/12%20Wham!%20Where%20Did%20Your%20Heart%20Go-.mp3
La lettera a me suona uno pò artificiosa soprattutto nella parte delle parole della bimba. Una dodicenne, che aveva due anni quando arrivò l’euro, che usa ancora la parola Lira?
A dodici anni si esprime correttamente usando espressioni come “in funzione di”?
E’ evidente che quelle non sono le parole della bambina ma la spiegazione del gioco data da chi ha scritto la lettere e usando termini che se veramente detti da una bambina potrebbero colpire, sopratutto in questa fase, sopratutto i lettori di repubblica. Io non le prenderei per oro colato.
I controlli poi esistono, si chiamano genitori, che se comprano un cellulare di ultima generazione a una dodicenne dovrebbero controllare l’uso che ne fa.
Un po’ d’ordine.
L’organo di controllo esiste e, in Europa, è piuttosto severo sui contenuti rivolti ai minori ecco il link http://www.pegi.info/it/index/
In Italia, dopo lo “scandalo” del videogioco Rules Of Rose, peraltro gioco più che mediocre.
Io vorrei riportare la vostra attenzione sull’erogazione dei finanziamenti. Se chi eroga non è in grado di comprendere formazione e immaginario del produttore, si arriva a disastri di questo genere.
Un altro punto importante è pensare al gioco e al videogioco solo in termini educativi e non ludici.
Io auspico per le bambine giochi in cui la scelta sia tra un bazuka rosa e o un bazuca pervinca, prima di andare in battaglia contro pericolosissimi alieni.
Auspico per le bambine un gioco che sia puro atto ludico, diritto che i bambini hanno. Vorrei che si arrivi a un immaginario in cui il Maestro Jedi sia femmina e nessuno ci fa caso….
Per quanto anche io concordo molto sulla priorità ludica dei giochi, e posso persino aggiungere che nell’infanzia delle bimbe non è un cataclisma se entra il gico dell’essere belline, dei vestiti etc i trucchi e cose varie, passaggio spesso utile per identificarsi con mammà, identificarsi con le amiche, e poi svincolarsi – questo gioco qui è raccapricciante per le ragioni suggerite da Gregori: è la garanzia di un sistema culturale – nello specifico il sistema sesso – genere che perpetua se stesso, nella sua forma più deleteria. Il gioco copia la realtà, ma siccome in una piccola ma significativa parte struttura la mentalità dei cittadini – qui cittadine – la crea.
A proposito di questo.
Della creazione di un nuovo immaginario per le bambine, intendo.
Oltreoceano è scoppiato da alcuni mesi il fenomeno My Little Pony: Friendship is Magic.
La Hasbro ha commissionato una nuova serie animata per pubblicizzare i propri giocattoli; quello che poteva risultare nell’ennesimo prodotto spazzatura per abbindolare le bambine è diventato una piccola rivoluzione. La serie, oltre a essere oggettivamente carina e divertente (piace anche a me :’P ehm ehm) conta infatti moltissimi fan anche fra maschi adulti e adolescenti.
In un’intervista l’autrice dichiara esplicitamente: “My specific dreams are still to make great entertainment for girls. I just don’t think there’s enough truly good stuff out there for them, but I also have kind of selfish reasons. When I think of something I want to say or an experience I want to share, my ideas are usually innately feminine because I’m female – and I refuse to believe that something being feminine by nature automatically means it isn’t worthwhile. If I can put the tiniest dent in the perception that “girly” equals “lame” or “for girls” equals “crappy,” I’ll be very satisfied.”
(l’intervista è questa: http://www.equestriadaily.com/2011/09/exclusive-season-1-retrospective.html#more)
Sarebbe bello che fosse l’inizio di un nuovo trend. E’ un sassolino, una goccia nel mare, ma secondo me dimostra che il divertimento intelligente per bambini può esistere, ed essere effettivamente divertente.
Io non ho un telefono che vada bene per usarlo altrimenti lo proverei per farmi un’idea. Qualcuno lo ha provato? Se ho capito bene è gratis.
L’ho appena istallato (tanto è free). Voglio vedere con i miei occhi, che se non fosse Loredana a raccontare questa cosa non ci crederei…
@Alessandra
Lavori nel mondo dei videogiochi per sapere che con 23mln di dollari si producono cariolate di “giochini”?
I Mini Pony hanno almeno 20 anni. Sai che novità.
@Alessandra C: la distinzione tra puro atto ludico e gioco educativo credo sia abbastanza pretestuosa. Ogni volta che si gioca e che ci si diverte, si impara e molto. Non è un caso che le cose che meglio ci ricordiamo siano state quelle per noi più piacevoli.
C’è un detto che dice che il saggio non distingue mai il momento del gioco da quello dell’apprendimento perché per lui sono la stessa cosa.
@Paolo: bastasse il controllo permanente dei genitori a risolvere i problemi dei/delle ragazzi/e….I figli escono anche di casa e, quando i genitori non ci sono, c’è tutta una cultura e un sistema educativo non esattemente a loro misura che, puoi star sicuro, stanno loro sempre vicini.
Paolo, lo so anche io, ci giocavo… ma questi sono nuovi 😉
Sì Paolo,
storicamente in questo posto qui http://www3.lastampa.it/giochi/
e poi mi è capitato di fare storytelling, scrivere un tot di mini saggi per varie antologie e anche un romanzo sul tema. E sono anni, anni, anni, che mi occupo della famigerata quota rosa nel mondo videoludico
Sono nuovi nella forma ma sono come gli altri. Hanno solo gli occhi enormi fuori da ogni proporzione possibile. Aperte questo non vedo grandi differenze.
@giorgia
Vero in parte quello che dici. Ma è anche vero che molti genitori hanno una soglia molto bassa di attenzione rispetto a cose come videogiochi, cartoni, fumetti e in genere tutto ciò che è fantastico perchè in italia vige il pregiudizio che siano per loro natura cose per bambini e quindi sempre adatte nei contenuti.
A me è capito un’infinità di volte di vedere bambini chiedere ai genitori giochi come Gta senza che questi già dalla copertina esplicita, dalla descrizione e da un evidente +18 avessero il minimo dubbio sull’acquisto per il figlio.
@Alessandra C: io voglio saperne di più sulla quota rosa nel mondo videoludico, hai qualche articolo o qualcos’altro che hai scritto? mi piacerebbe parlarne sul mio blog.
E per intenderci un videogioco per Xbox o PS3, grossa produzione tipo Ubisoft o EA, costa dai 15 ai 30 milioni di dollari, si può arrivare anche a 40/50 milioni. Un indipendente lavora con cifre tra i 5 e i 10 milioni, sempre per giochi multipiattaforma.
Un gioco come Angry Birds è costato 140.000 dollari, ora spiegatemi perchè una azienda che produce giochi social si intasca 23 milioni, non me ne capacito
@Paolo
scusami però GTA, o un gioco nuovo con PEGI +18, ciosta intorno ai 60 euro, spiegami un po’ dove quest’orda di bambini trovano il denaro per andare a comprarselo?
Non so, a me per es. piaceva un sacco (e tuttora ci gioco ogni tanto) giocare a Grand theft auto, un videogioco in cui il giocatore impersona un criminale che deve superare varie missioni e raggiungere obiettivi, muovendosi tra mafiosi, spacciatori, prostituzione, scommesse clandestine, delinquenti vari… più sei delinquente e “furbo” più sei in gamba. E’ divertente, soprattutto se interpretato con ironia (ti senti in un “mondo alla rovescia” dove tutto quello che nel nostro mondo non lo faresti mai, lì lo devi fare e dopo un po’ entri proprio in quella logica – finché sei nel gioco! – e questo è spassosissimo). Ovviamente ho sempre avuto nelle orecchie le critiche di mio padre e insegnanti vari che criticavano moralisticamente il gioco, ma non sono certo diventata una mafiosa o una delinquente! Scommetto che se qualcuno criticasse qui quel gioco, quasi tutti lo difendereste, accusando chi critica di essere bigotto e non conoscere i videogiochi. Invece questo gioco delle ragazze non lo difendete. Ma invece la sostanza è la stessa. Allora più che sul contenuto, io mi concentrerei sulla qualità insita nel videogioco, e qui… dovrei giocarci per capire, perché, da come è stato raccontato, la storia fa schifo, cioè è noiosa, quali sono gli ostacoli che la protagonista deve affrontare, cosa c’è di divertente nel dover semplicemente scambiarsi delle cose con ‘sti tipi se tutto fila liscio? Cioè è una sceneggiatura che nn sta molto in piedi, dal punto di vista del videogioco, quindi mi sembra strano che sia solo così come è stato raccontato…
Alessandra C il controllo che citi, per età, non è che sia chiaro sulle questioni di genere, immaginario compreso, per quel che ho capito io.
Ora, come gioco, Top girl può circolare come gli pare, ma magari una classificazione ed un avviso sui contenuti non è che farebbero male. Indicare, consigliare, avvertire non è che sono proibizioni talebane. Se poi si crea un dibattito come qui, si può arrivare per altre vie alla conclusione che mannaggia, quel contenuto per me mamma (o papà) è proprio becero – ma non tutti i genitori sono in grado di accorgersene. Per vari motivi. Per il fatto che la questione non raggiunge tutti, perchè alcuni genitori non capiscono proprio di che stiamo parlando, perchè siamo divisi tra chi si occupa (anche) di questo problema e chi il problema non lo vede proprio. Ora, vogliamo considerare anche tutti coloro che hanno figli adolescenti, ma non hanno gli strumenti per discernere e capire tutte le implicazioni?
Zaub nelle ultime 3 righe dice bene. ‘Il gioco copia la realtà, ma siccome in una piccola ma significativa parte struttura la mentalità dei cittadini – qui cittadine – la crea’. Qui da noi , a mio parere, partiamo da una realtà diffusa che non ha ancora metabolizzato alcuni concetti sull’immaginario, la parità di genere, la discriminazione, ecc. Dico metabolizzato intendendo quel meccanismo per cui un tipo di conoscenza diventa prassi, una coscienza condivisa, che si riversa sul comportamento quotidiano. Ecco perchè a volte l’ ‘informazione’ che trovo sulle confezioni potrebbe essere utile .
Angry Bird è un caso a parte non penso nascesse con chissà quali ambizioni.
Questi vogliono concorrere con Zynga e Playfish (che ricevettero anche loro i loro bei finanziamenti 29mln la prima e 17mln la seconda che ora oltretutto e della scuderia Ea) e quindi tutti quei soldi non serviranno solo per questo gioco ma per sostenere lo sviluppo futuro e avere la forza di fuoco per insediare il dominio dei due grandi di questo mercato.
@Paola
non esiste una classificazione che illustri il contenuto in base al genere a cui e diretto. Non esiste neanche un’indicazione per i giochi idioti per ragazzi.
Esistono, però, videogiochi studiati per un pubblico di bambine e adolescenti, e i giochi rosa, a mio avviso, non somo mai intelligenti.
La questione è profonda e parte da un’industria non avvezza al pubblico femminile, i videogame sono fatti da maschi per maschi con continuità di immaginario e contenuto…. ma si può dire lo stesso per molte altre opere d’intrattenimento, un esempio classico e quello del fumetto.
@Paolo, *no*.
Ho visto gli uni e gli altri, e la differenza c’è eccome. Non ti chiedo di sciropparti ventisei episodi di cartoni per bambine per rendertene conto XD ma la differenza c’è, altrimenti non mi sarei presa il disturbo di tirarli in ballo.
Comunque siamo off topic e ora la pianto qui.
Questo scambio mi fa venire in mente il diario di Stefano, l’anno scorso:
http://congedoparentale.blogspot.com/2010/10/pari-opportunita.html
spero che il link sia giusto.
Bene Angry Bird era un giochino commerciale…
parliamo di Evoke, così parliamo anche di una piattaforma sociale, finaziato dalla BM – Banca Mondiale poi c’è Foldit..
oh! c’è anche un piccolo esempio nostrano CritycalCity… tutti, come dire, a costi ridotti, ma con molto, molto impatto sociale…
Anche io ho giocato gta e mi è pure piaciuto molto. Non lo farei giocare a mio figlio di dodici anni soprattutto nelle ultime versioni.
Io non ho scritto che se lo comprano da soli. I 60 ce li mettono i genitori. Mi sembrava chiaro.
Genitori e figlio insieme in un negozio di videogiochi. Il bimbo chiede che gli comprino Gta. Il genitore lo prende sopra vi sono:
Un personaggi con faccia criminale, due con la pistola, un cecchino e un’altro su un elicottero, il protagonista che scappa dalla polizia, uno che tira fuori un sacco (presumibilmente con cadavere dentro), c’è scritto chiaramente che il protagonista si darà al crimine con furti, imbrogli etc in un mondo dove contano solo soldi e potere. Con le immagine fotorealistiche dei giochi di oggi. Sotto tutto questo capeggia il 18+ e i simboli sui contenuti di droga, parolacce e violenza. Il 99% delle volte io ho visto comprare questo gioco o simili a sicuramente minori dei 18 senza che i genitori facessero una piega.
Ok il contesto che non aiuta ma che spesso la sogliadi attenzione dei genitori rispetto a certe cose sia basso è un fatto.
“un esempio classico e quello del fumetto” Alessandra C.
davvero? ma come una donna (ne abbiamo qua un esempio) può giocare a Grand theft Auto una ragazza, e io ne conosco alcune, può appassionarsi benissimo a Dylan Dog, Lupo Alberto, Diabolik (creato da due donne) oppure alle avventure della criminologa Julia Kendall e all’eroina fantascientifica Lilith comunque si tratta di fumetti (a parte Lupo Alberto) indirizzati ad un pubblico piuttosto adulto, non a ragazzini
Passando al cinema, ci sono ragazze a cui piace Tarantino e ragazzi come il sottoscritto a cui piace sì Tarantino ma non disdegna anche una bella commedia romantica.
@ Paolo
Non capisco quale sia il problema, se un genitore ha la soglia d’attenzione bassa, che copri GTA per il pargolo o Giulia passione maestra per la pargola, sono affari del procreatore.
Ribadisco il problema sta a monte, se chi eroga soldi per sviluppare un gioco con intenti più o meno educativi non si degna di passare ai raggi X il progetto degli sviluppatori, potremmo avere prodotti indecenti.
Ti ripeto game designer geniali nei social ne abbiamo, Jane McGonigal per esempio e gurda! è pure femmina!
Io ho una sorella di due anni più piccola quindi in casa c’erano giochi per bimbi e bimbe. Eravamo abbastanza democratici. Io non ho mai avuto problemi a giocare con barbie, mio mini pony, gira la moda, pentolini etc e lei con lego, macchinine etc perchè l’importante era divertirsi insieme.
@Paolo…
Dylan Dog e le femmine di Dylan o Morgana… mamma/amante
Diabolik… Eva…
E poi ci sono i fumetti Marvel e quelli della DC Comics, quante trasposzione cinematografiche di donne super eroi conosci? DUE!!! Catwoman e Elektra…
vedi è una questione di immaginario. Non dico che le cose non stiano cambiando, sicuro cambieranno, ma il lavoro da fare è ancora tanto.
Io ragionandoci su da tempo (perché comunque essendo femmina il problema me lo sono spontaneamente posto!) mi sono convinta che se uno/a parte volendo appositamente creare un videogioco o un fumetto rivolto a un target femminile viene fuori una brutta cosa (nella maggior parte dei casi), noiosa anche, perché per dargli una connotazione femminile ci si sente obbligati a inserire degli stereotipi melensi o, nel migliore dei casi, giochi tutti cerebrali o narrativi e poco d’azione (a meno che non consideriamo “azione” andare a comprare vestiti XD), sarà anche una questione di marketing: per apparire rivolto a un pubblico femminile già sulla custodia “devono” esserci colori più tenui, una grafica diversa… perché purtroppo siamo convinti che per le bambine o ragazze funziona così. La differenza è che chi come me ha sempre trovato più interessanti le storie più “al maschile” (nei manga, nei videogiochi ecc.) trova soddisfazione lì, invece i maschi non giocherebbero mai a videogiochi più femminili e quindi quelli vengono caratterizzati ancora di più al cosiddetto femminile (tanto…). Cosiddetto, perché per me non esiste “maschile e “femminile” in queste cose, ognuno ha il suo carattere, non mi sono mai sentita meno “femmina” se gioco a gta o ai giochi sparatutto o se mi piacciono Dampyr o manga shonen e seinen. Ma purtroppo mi sento in minoranza in un mondo di “rosa” e “azzurri”!
Ma il tema non sui bambini che hanno accesso a contenuti a non adatti a loro? E io mio esempio di questo parlava? Di giochi chiaramente non adatti, segnalati come tali e comprati ai bimbi lo stesso. Tu invece cosa vorresti che giochi come gta non si facessero proprio?
Per me gta e Mafia sono per un adulto consapevole ottimi giochi il secondo poi è un piccolo capolavoro. Sulle confezioni è giustamente segnalato che non sono per bimbi. Se i genitori glieli comprano lo stesso, non è certo colpa dei giochi.
The Sims 3 è rosa o azzurro? perchè a me piace quanto mafia.
Per dire SimCity parte dal semplice presupposto di simulare la costruzione di una città e, a meno di non dire che esistono un modo maschile e uno femminile di simulare la costruzione di una città, mi sembra abbastanza neutro. Eppure lo giocano per lo più ragazzi. E’ colpa del gioco se al pubblico femminile certi giochi non piacciono più di tanto?
@ Paolo: certo che no! E’ proprio questo che sto dicendo, i videogiochi non sono di per sé maschili o femminili, io li vedo “neutri” (nel senso di adatti a tutti)… se per fare contento il pubblico femminile devo fare un gioco “femminilizzato” (secondo gli stereotipi più biechi, poi, ma anche se fosse econdo gli stereotipi più “nobili” io sarei contraria), non lo voglio fare. I giochi sono giochi, SimCity infatti non lo vedo né maschile né femminile, poi se lo giocano più i ragazzi, ok. Il problema però è: perché le femmine non ci giocano? E questo non deve condizionare il come fare i giochi, ma è una questione di come sono educate (o condizionate – per es. dalla pubblicità) le bambine/ragazze…
Dunque, sul fatto che i giochi siano “neutri” mi sento di dissentire. Lasciando stare casi più lampanti come Gears of War o, per dire, Duke Nukem! (…no comment!), pensati chiaramente per solleticare il testosterone, in molti titoli il “giocatore modello” che ha in mente la casa di produzione è pur sempre maschio.
Molti giochi consistono nel raggiungere un obiettivo X spaccando tutto, con metodi più o meno raffinati :’) Ora, anche se ovviamente non è la norma, in genere questo tende ad attirare poco il pubblico femminile.
Non perchè siamo condizionate (o meglio non solo per quello), ma secondo me perchè generalmente troviamo la lotta, vera o simulata, meno divertente rispetto ai maschi.
Giochi come The Sims spopolano fra il pubblico femminile perchè prevedono la creazione di un mondo e spesso la costruzione di storie, e perchè essendo relativamente facili sono più abbordabili per un pubblico che in genere si accosta meno ai videogiochi.
Io adoro la saga di Dragon Age perchè credo che punti molto sul coinvolgimento emotivo, creando personaggi splendidi con i quali costruire relazioni e fornendo motivazioni forti al giocatore.
Ma credo che stiamo uscendo completamente da quello che era l’argomento del post.
@Alessandra C..Sulle super-eroine mi pare di ricordare che su wonder woman e la donna bionica c’erano delle serie tv oramai vecchiotte e fecero anche un film nel 1984 su Supergirl con Helen Slater
.mmmh il rapporto di Dylan con le donne non è così banale, sì con Morgana c’è un po’ di Edipo di mezzo ma reso in maniera non banale (fra l’altro Dylan s’innamora sempre, non è un “collezionista” ci tengo a ribadirlo). Diabolik ed Eva nel corso degli anni hanno sviluppato un rapporto assolutamente paritario, un amore totale e reciproco e una complicità assoluta: appena uno dei due è in pericolo l’altro si precipita a salvarlo, sempre pronti a sostenersi l’un l’altra vorrei avere un rapporto così un giorno.
Comunque sia sono tra i migliori fumetti italiani..scusate l’ot ma come si è capito sono un fan.
Allora ragazzi, ho scaricato il gioco e l’ho provato. Ci sono due ordini di considerazioni.
1) L’aspetto diseducativo, che è emerso dalla lettera e al quale aggiungerei qualche particolare. Non puoi rimorchiare se non sei abbastanza hot; non puoi lavorare da modella se non sei abbastanza hot (e la modella è l’unico lavoro possibile nel gioco). I regali che puoi fare al ragazzo sono (dal meno al più costoso gradito):
• Giochetto della console;
• Un profumo;
• Un trapano (?!?)
• Una palla da baseball autografata;
• Mazze da golf;
• Una “Arcade Cabinet” (un videogioco da bar da mettersi in casa)
Tra tante le tante frasi languide da fotoromanzo spunta ogni tanto qualche apprezzamento (esplicito sulla tonicità delle gambe o generale/figurato del tipo “mi fai venire l’acquolina”, così tradurrei il paragone con la “slice of pizza”).
Altro che le bambole di Gertrude…
2) Il fatto che questo gioco funziona come una macchina mangiasoldi, specie in mano a una ragazzina di 12 anni. È vero che scaricarlo è gratis, ma è anche vero che per comprare vestiti, offrire cene e drink ti chiedono di “prelevare all’ATM” (finto) il che può costare dagli 1,59 € ai 79,99 € (veri). Se la ragazzina ha un suo account su un suo telefono collegato a una carta di credito il rischio è come ritrovarsi spese simili alle telefonate 144 di una volta.
Scusate i refusi del post precedente, ma andavo di corsa e non l’ho riletto. Cmq ci siamo capiti.
“Vorrei che si arrivi a un immaginario in cui il Maestro Jedi sia femmina e nessuno ci fa caso….”
Ironicamente, è proprio nei videogiochi che queste figure ci sono eccome. L’esempio più eclatante che mi viene in mente è quello di Metal Gear Solid 3, un gioco di fanta-politica ambientato durante la guerra fredda, dove l’indiscussa eroina, oggetto dell’adorazione del giocatore e dell’intero cast di personaggi, è The Boss: eroina di guerra, soldato straordinario, maestro indiscusso dell’arte del combattimento, sacrifica la sua vita (e non solo) per la sua patria. E nessuno, in sessanta ore di gioco, dice mai “nonostante sia una donna”.
@ Caska, buono a sapersi…
Peccato insegnino che i videogiochi “sono da maschi”, così una serie di figure femminili fantastiche rimangono nell’ombra.
Io continuo ad essere dell’idea che le donne giochino ancora poco non perchè viene loro insegnato che i videogiochi sono “da maschi”, ma perchè i videogiochi sono creati avendo in mente molsto spesso solo un fruitore maschio e giovane/adolescente, anche se le cose stanno cambiando in fretta.
E no, la differenza non sta tutta nell’usare un lancer color pastello anzichè acciaio .__. oppure nel mettere in commercio console ROSA. Tantomeno nel creare prodotti piatti e mortificanti spacciandoli per titoli “for girls”.
L’argomento è complesso, quindi per aumentare l’entropia l’affronterò in ordine sparso.
1) Tempo fa mi capitò di intervistare Will Wright, padre dei SIMS, che mi disse di non aver mai pensato a un’utenza di genere per i suoi The SIMS. E’ stato un puro caso che sia piaciuto così tanto a un pubblico femminile. Il resto come spesso accade nell’intrattenimento elettronico l’ha fatto il marketing e le aggenzie di comunicazione, puntando molto sul “gioco che piace molto alle donne”.
2) I videogiochi sono pieni di figure femminili forti, ma non stiamo a girarci troppo attorno, i personaggi giocabili, “gli eroi”, sono generalmente maschili, Solid Snake, Dante, Master Chief (sia titoli occidentali che orintali, scuola giap e americana). Il personaggio principale è generalmente affiancato da una figura femminile altrettanto forte (comprimaria), ma un esempio eclatante è proprio quello di alo con Cortana che è adirittura smaterializzata.
3) La produzione di videogiochi femminile, per adolescenti e bambine, ricalca vecchi schemi, il peggio avviene nella loro commercializzazione, date un’occhiata agli spot pubblicitari per esempio a quello di Nintendogs. E vorrei stendere un velo pietoso sulle varie console rosa porcello, indirizzate mnaturalemte a “Lei”.
3) Se mi volete dire che nei fumetti o più in generale nell’intrattemimento tradizionale c’è parità di immaginario, scusate ma non mi bastano due esempi come Wonder Woman… la maggior parte dei suer eroi prende vita negli anni sesanta e il cinema continua a riproporceli senza grandi variazioni su quell’immaginario di genere. Oserei dire lo stereotipo di Mary Jane Watson cinematografica è ben peggiore di quella del fumetto…
3) I game mobili o quelli per facebook sono appositamente pensati per la microspesa, se no dove guadagnano? Per questo motivo, e per quello che ho detto nei post prima, mi chiedo perè questo gioco è stato finaziato. E vorrei ribadire che di giochi veramente social sono possibili, riscrivo alcuni esempi Evoke, finaziato dalla BM – Banca Mondiale, Foldit, l’italiano CritycalCity. Su questi esempi si potrebbe lavorare per un nuovo immaginario che sovrasti il genere.
Detto questo, ripeto, le cose stanno cambiando, lentamente. Però, anche in questa discussione, se portiamo sempre esempi particolari, tipo Wonder Woman, Metal Gear Solid 1 0 3, alcuni Final Fantasy, non andiamo da nessuna parte, perchè questi esempi rappresentano il 15% del mercato dell’intrattenimento.