TRE

Prima nota.
Gli “amici di Drive in” mandano via mail un lungo comunicato dove ricordano fra l’altro, unitamente a molti pareri favorevoli forniti all’epoca da Maurizio Cucchi, Omar Calabrese eccetera:

“Contro il Drive in si è mossa da mesi una vera e propria macchina del fango. Chi in mala fede, chi acriticamente, chi semplicemente non ricordando, confonde o accomuna il programma culto degli anni ’80 con “Colpo Grosso”. Drive in, trasmissione libera e libertaria, una parodia dell’Italia degli esagerati anni ’80, della Milano da bere, del riflusso, dell’edonismo reaganiano, era un programma comico e satirico. Le ragazze “fast food” erano iperboli: figure retoriche viventi, caricature al pari del paninaro, del bocconiano, del dott. Vermilione, della top model, della professoressa, della moglie dell’onorevole Coccovace”.

Seconda nota.
C’è una recensione da non perdere, con annessa discussione, su Il libro dei bambini di Antonia Byatt, fatta da Wu Ming 4.

Terza nota.
Che in realtà è una considerazione. Nessuno si è accorto che il 6 aprile, giorno in cui è stata fissata l’udienza per il premier, è anche il secondo anniversario del terremoto a L’Aquila?

155 pensieri su “TRE

  1. @ zauberei:
    è chiaro che se leggi in volo angelicato percepisci “picchi galleschi”. Il fatto che si siano ritrovati a discutere tre maschi non significa che ci sia stata lotta di galli. Immagino come avresti reagito se, per parità di genere, io avessi usato una metafora analoga parlando di una discussione tra donne sostituendo i galli con la loro controparte femminile. Io non userei mai e poi mai un tale linguaggio. Sei pregata anche tu di astenerti.

  2. Mboh – non mi pareva particolarmente offensivo, ma se la parola urta la rimangio – l’opinione rimane invariata. Ora cado in contraddizione con quello che dico, e per coerenza mi ritirerò per un pochino ma insomma secondo me su un blog è carino aspettare che intervengano altri prima di tornare subito a ribattere. Vedere un po’ di nomi circolare. Anche io magari ogni tanto mi lascio andare a ribattere a corto giro, ma questo veramente taglia fuori qualsiasi energia nuova. Mi riprometto di regolarmi.
    Dunque io a Don Cave dico che il suo commento ultimo lo capisco, è una posizione comprensibile ma non la condivido. E’ cerebrale e moderatamente produttiva per le parti in causa. Tendo ad associare le questioni di genere con altre questioni di discriminazione, tipo razzismo tipo omofobia etc. Quando l’interconnessione con altre questioni importanti è forte non si riesce a ottenere granchè per nessuno. Non vuol dire che bisogna occuparsi di una cosa sola, e basta il resto – ma tutto insieme non porta a niente, e ogni tanto – non nel caso specifico di Don Cave – si associa a una specie di vigliaccheria. Le interconnessioni – meglio sono ineliminabili sul piano teorico – ma non tutto quello che si deve fare qui riguarda solo il piano teorico. Mo proporrei la mozione un commento ogni ora e mezzo eh? Sempre che non ci avete cose come nel caso mio figlio in agguato, o di altri lavoro incombente.

  3. @ zauberei:
    E’ vero, ho espresso il concetto in modo un po’ troppo cerebrale. Forse con un esempio riesco a rendere più chiaro quello che volevo dire.
    Una certa rappresentazione del corpo femminile nella pubblicità, ad esempio, è funzionale ad un obiettivo ben preciso: la vendita. I pubblicitari probabilmente cambierebbero modelli di riferimento se in quel modo non riuscissero più a “piazzare” nel mercato i prodotti dei loro clienti… stessa cosa per quanto riguarda la televisione; se un programma fa ascolti, gli inserzionisti pagano e la tv commerciale prospera.
    Lo sfruttamento del corpo femminile per vendere, quindi, non ha a che fare soltanto con la dignità delle donne; ha a che fare anche con i meccanismi che ci rendono tutt* facilmente manipolabili attraverso certi tipi di messaggio, e che ci intrappolano quindi in un immaginario funzionale alla riproduzione di precisi meccanismi di potere.
    Focalizzandosi solo sulla questione della “dignità”, senza specificare cosa si intende dire quando si usa questa parola, non si è del tutto immuni all’accusa di moralismo; per neutralizzare questa critica, vale forse la pena ampliare un po’ il raggio della critica: quella rappresentazione è degradante perché propone una precisa dialettica dei ruoli, ad esempio con la riduzione corpo femminile ad oggetto a piena disposizione del maschio.
    Guarda caso, questa dialettica si riproduce tale e quale in decine di ambiti, e miete vittime in modo trasversale rispetto alle distinzioni di genere.
    Insomma: analizzando la questione da questo punto di vista si scopre un nervo che attraversa tutta la società.
    In questo sta l’universalità: nel fatto che leggendo la realtà che ci circonda attraverso le “lenti” della questione di genere ci rendiamo conto di quanto la società sia organizzata in modo iniquo e opprimente.
    E questo – lo ripeterò fino alla nausea – non va affatto a scapito della specificità della lotta femminista su temi particolari; anzi, secondo me può contribuire a darle forza e respiro, perché dimostra come questi temi, in fondo, riguardino tutt* noi.

  4. Chiedo scusa, il post precedente l’ho scritto un po’ di fretta e c’è qualche sonora cazzata… se la discussione procede cercherò di esprimere meglio – e con più calma – quello che intendevo dire. Sorry!

  5. “conoscendomi è difficile che io riesca a considerare “malsano” un fumetto fosse anche il più trash”
    anche per via di un precedente storico: negli Anni ’50 in USA sull’onda del libro Seduction of the Innocent dello psichiatra Frederic Wertham furono messi al bando i fumetti horror della EC Comics (adorati dal piccolo Stephen King, tra l’altro) al fine di preservare i fanciulli dalla violenza e dall’immoralità. Erano ritenuti “malsani” per i giovani e si riteneva che potessero spingerli alla delinquenza
    Sì lo so che Don Cave ora si incazzerà dicendo che lo sto accusando di moralismo, censura e quant’altro..non è mia intenzione. Voglio solo spiegare perchè sentir definire “malsano” un fumetto tamarro (che poi si parte sempre dalle tamarrate perchè sono bersagli facili dato che là tutto è esplicito ed eccessivo per definizione) mi prende malissimo.

  6. @ paolo1984
    Fossi in te sarei un po’ più “tommasiano”… aspetta di vedere, poi mi dirai se credi o se rimani comunque scettico, ok?
    E comunque io non ho auspicato nessuna censura… figuriamoci poi di editori di fumetti che hanno smesso di pubblicare da vent’anni…

  7. @Don Cave
    e infatti io ci ho tenuto a spiegare che non ti volevo accusare di nulla, ma il discorso “quel fumetto (film, romanzo, canzone) fa leva su un immaginario malsano” può portare a conseguenze che non mi piacciono (ho detto “può” non “deve”!). Comunque ho cercato sul web informazioni su Terror, ho letto un po’ di trame, ho visto un po’ di immagini: è una gran tamarrata, come pensavo e quindi un obiettivo perfetto per un certo tipo di critica.
    Malsano, orrendo e disgustoso è torturare e umiliare una donna, non fare un fumetto (libro o film) in cui c’è una donna umiliata e torturata…è solo la mia opinione, ovviamente

  8. Don Cave il tuo ultimo intervento mi è piaciuto molto e mi trova pienamente d’accordo – in realtà si cerca di fare proprio quello che tu dici in tanti ambiti. Io per mio inoltre alla parola dignità – ve prego ditemi che non l’ho usata – percepisco un sistematico guizzo di fastidio. La avverto come retorica.
    Però devo dirti che spesso allargare lo sguardo critico non ti basta perchè l’accusa di moralismo scatta come un riflesso pavloviano. E’ una cosa che spesso avviene in totale buona fede, e comincio a esserne affascinata perchè mi viene il sospetto sia un fenomeno decifrabile solo con gli armamenti della psicologia cognitiva (non la mia specialità per altro). Perchè te stai li e spieghi meccanismi di creazione, il problema della esplorazione dei contenuti – queste cose che dici te sopra e che qui erano state già ampliamente dibattute – parli per benino spieghi, ficchi un sacco di cose e l’interlocutore ti guarda un pochino, e poi ti dice che sostanzialmente te sei contro il sesso. Ultimamente ho deciso di condire le mie riflessioni con un disclaimer intermittente irto di parolacce – A NOI DONNE CHIAVARE PIACE – così maiuscolo e oh funziona. Allora l’interlocutore dice, perchè appunto spesso è in buona fede – hm allora non avevo capito bene, ma se io non dico in questo contesto di discussione VIVA VIVA LE TROMBATE il messaggio non arriva. Se lo dico normale minuscolo se lo dico elegantemente viene negato e non raccolto. Se dico come una persona normale ed educata che ha superato di un pezzo l’adolescenza – no veramente io non ho niente contro il sesso – non è abbastanza. Non so se anche dietro a questo c’è uno stereotipo di genere per cui se da una parte si desiderano le donne zoccolissime si tende a pensare sempre che però il sesso non deve interessare loro per cui si cerca conferma. Oppure c’è invece un nodo logico per cui non si riesce a contemplare una critica del genere senza essere moralisti. Fatto sta che anche su questo blog, un cane de Pavlov a post ci sta sempre.

  9. Zauberei, sul bizzarro fenomeno del non capire questa cosa infatti tu avevi scritto quel post in cui lamentavi l’assenza di un pensiero strutturato (correggimi se sbaglio) che desse sostegno a certe affermazioni.
    Ecco, stasera leggendoti mi viene da pensare ancora di più che manca, parallelamente, anche una produzione consistente di immagini che supporti e renda più concrete certe affermazioni – che mostri la soggettività del desiderio femminile non solo nelle forme già all’uopo predisposte dalla cultura che ha agito finora.
    Azzarderei che le donne nell’arte abbiano finora esplorato la propria identità più spesso che la relazione con l’altr*- questo in generale, senza trascurare pregevolissimi e crescenti casi contrari, come ad esempio Nan Goldin o Elinor Carucci (nelle quali comunque la dimensione autoriflessiva e relazionale vanno di pari passo, perché esse fotografano se stesse in tutti modi e quindi anche nell’intimità). E azzarderei che magari la fase autoriflessiva potrebbe non dico esaurirsi ma maturare, lasciando il passo ad una fase in cui si esplorino di più le relazioni, dunque anche le rappresentazioni sessuali. E LO SO che ci sono già molte produzioni “indipendenti” in materia, ma sto parlando di qualcosa non di nicchia – qualcosa che raggiunga tutti, che entri negli occhi, nella coscienza e nell’inconscio di tutti.
    (non vivremo abbastanza a lungo, lo so…)
    Annie Ernaux in “Passione semplice” si rammarica che non esista un equivalente dipinto da una donna dell’Origine del mondo di Courbet, e che il David sia opera di un uomo.
    “…stupita fino al dolore che fosse un uomo e non una donna ad aver espresso in modo sublime la bellezza del corpo maschile. Anche se questo si spiegava con la condizione di sottomissione delle donne, mi sembrava che qualcosa si fosse perduta per sempre”.

  10. Molto interessanti le cose riportate da laura albano. Ci tengo a dire che lo so benissimo che nessuno qui è bigotto e a tutti/e piace trombare, la questione è molto più prosaica: potete chiamarlo riflesso pavloviano, potete chiamarla idiosincrasia o anche “moralismo alla rovescia” ma io non sopporto di vedere associato il termine malsano ad un’opera artistica sia pure di infimo livello come sono i fumetti trash, un’opera artistica può essere sessista, misogina, maschilista, razzista, fascista, reazionaria o semplicemente artisticamente brutta o anche politicamente infame come i film di propaganda di Leni Riefenstahl oppure, nella peggiore delle ipotesi, tutte queste cose insieme..ma “malsano” mi fa pensare ad una malattia e i fumetti, i film, i romanzi non portano le malattie.

  11. Chi sa Laura magari arriveranno! Ma il problema è che le immagini non preconizzano mai i tempi, li raggiungono – come espressioni del già sentito e pensato. Forse ora i tempi sono maturi, e forse in altri contesti culturali queste immagini di cui parli ci sono già. Ieri vedevo Gray’s anatomy e constatavo come all’assetto paritario della trasmissione – che non mi provoca nessun senso di rivolta, corrispondevano diversi momenti di un erotismo pensato con lo sguardo delle donne. Ma Gray è l’espressione di un mondo appunto non la sua invenzione. Certamente però si può sperare che rinforzi una nuova. Lui e altri programmi come quello.
    E guardando Gray’s anatomy – dove ci sono donne brutte e stronze, donne lesbiche e buffe, donne belle e maghe della chirurgia, con uomini di altrettante variazioni – pensavo che molti dei miei pensieri in tema, e dei miei risentimenti verso il Drive In e consoci, non sono in virtù di una riflessione della modellistica dei generi, e dell’incidenza sullla cultura e su come i cpomportamenti psicologici ne siano eventualmente orientati (Laura sa quanto sono scettica su corto circuiiti immediati in merito) ma mè viè proprio l’incazzo per una basica logica della rappresentanza. la sola donna così e tutte le altre fuori, in un modo spontaneo fa semplicemente incazzare. Cioè alle volte penso che la questione è fin troppo cerebralizzata. Io per prima faccio teoria e ragiono. Ritengo opportuno che si scrivano libri e si svelino meccanismi. Ma prima di tutto c’è il semplice fatto di uno stato emotivo che dice: Che palle.

  12. Ma il problema è proprio il perché le immagini raggiungano i tempi con così tanto ritardo….sta tutto lì. Come dimostra anchel il libro appena riedito di Irene Biemmi sulla rappresentazione dei sessi nei testi scolastici, e il problema è quel qualcosa che fa inceppare il meccanismo – che ingabbia le immagini (oltre alle narrazioni) anche quando i contenuti sono già sentiti e già parlati. A me è (soprattutto) questo che mi fa dire: che palle.

  13. che poi diventa un giro vizioso perché i tempi stessi rischiano di rallentare – e questo non vuol dire che si crede al determinismo o alla teoria ipodermica dei media, ma semplicemente che la società è un corpo unico, dove tutto è interconnesso. Come si impara nel feldenkrais, se ti fa male una spalla questa guarisce lavorando su un’altra parte. Basta, fuori c’è il sole, finalmente.

  14. @laura e zauberei Non sono riuscita in questi giorni a intervenire, ma credo che, insieme a Wu Ming 4 e Don Cave, abbiate raggiunto un punto dal quale spero si andrà avanti e non si tornerà indietro. Grazie. Mi sono trovata, leggendo, d’accordo con i vostri interventi.
    Un solo piccolo pensiero, il mio personale “che palle”. Ho passato otto anni in un contesto in cui il palazzo in cui vivevo, la strada e il quartiere in cui abitavo, erano un microcosmo tipo Gray’s anatomy. Ci sto davvero male a vedere e a vivere, ora, in Italia, una richiesta di riconoscimento di una realtà che per molto versi c’è già, ma che per altri resta, a mio avviso, come intrappolata – e mi scuso se non riesco a dirlo e spiegarlo meglio. Anch’io sono scettica sui corto circuiti immediati, credo che sia più complesso, ma sento il peso di una circolarità culturale di cui non accuso i media in particolare, bensì gli stereotipi di cui si fanno veicolo (e sulla volontà politica di utilizzarli ho opinioni abbastanza precise), stereotipi che ovviamente circolano anche in altre maniere, e non solo tra gli uomini, ma anche tra le donne. Come si interrompe quel giro vizioso? Le leggi spagnole, per fare un esempio, che sugli stereotipi sono molto attente e li considerano evidentemente un ostacolo grave al superamento delle disuguaglianze, sono una forzatura, nel senso che sarebbe meglio aspettare che la società arrivi a sentire in modo più forte e autonomo l’esigenza di un cambiamento culturale, o siamo a un punto in cui quella richiesta è abbastanza forte e va aiutata con delle regole? Tra l’altro, molto spesso, il lavoro sugli stereotipi mi pare che in Spagna sia messo in chiara relazione con la battaglia contro la violenza di genere (che è l’argomento del post successivo). Le leggi spagnole me le sto leggendo in vista di un convegno che una mia amica, docente di diritto privato, sta organizzando all’Università dell’Insubria e dove io credo che sarà importante parlare della questione, dell’intreccio insomma tra cultura e regole codificate, con giuristi e di fronte a studenti di diritto. L’amica in questione è in questo momento negli Stati Uniti a un convegno su “Masculinity and the Law”, nell’ambito della Feminist Legal Theory. A parlare dell’Italia…
    Non so se può interessare, ma questo è il sito del Ministero della Igualdad nel quale ho trovato le leggi:
    http://www.migualdad.es/ss/Satellite?c=Page&cid=1193047407277&language=en_GB&pagename=MinisterioIgualdad%2FPage%2FMIGU_listadoCategorias

    Non vorrei dimenticare: grazie a Wu Ming 4 per la recensione a “Il libro dei bambini”, mi ha fatta stare meglio. Credo che libri e riflessioni come queste siano un altro punto da cui ripartire. devo trovare il tempo di leggerlo.

  15. Scrive Zauberei: “E io Regazzoni ho i tuoi stessi strumenti teorici – su cui lavoro e scrivo.”
    Sono fuori dal giro, non so a quale autrice corrisponde lo pseudonimo ‘Zauberei’, quindi non ho la possibilità di sapere cosa hai scritto rendendomi conto dei tuoi strumenti teorici e di come li usi.
    Mi sono affacciato sul tuo blog. Ho cercato ‘Butler’ dato che qui sostieni di conoscere ciò che scrive. Il post è questo: http://zauberei.blog.kataweb.it/2007/12/17/pre-psichico-26-sui-ruoli-di-genere/
    Ho letto per esempio: “La mia amica Johnny Violet, è una brutch canadese, ovvero ambisce a esse un uomo, benché abbia le tette, che capirete, sono un impiccio non trascurabile, pure Johhny, non le toglie, le porta sportivamente e con uno stile vagamente portuale.”
    Non so cosa sia una “brutch”, so che che alcune donne lesbiche si definiscono “butch”, questo significa che il loro comportamento segue alcuni stereotipi che la nostra cultura (e magari altre no) considera appartenenti alla mascolinità. L’identità di genere non è messa in dubbio, perché coloro che si identificano come lesbiche “butch” non sono transessuali ftm. Non ha nessun senso pertanto scrivere “ambisce a esse[re] un uomo”. Non ha nessun senso nemmeno interrogarsi sul suo rapporto col seno e in generale coi caratteri sessuali primari e secondari del suo corpo. Ho anche una certa preoccupazione a veder mischiati i concetti di identità di genere e orientamento sessuale come fossero in correlazione.
    Zauberei, sarebbero questi i tuoi strumenti teorici?

  16. andrea hai ragionissimo a considerare quel post piuttosto approssimativo – era il tempo in cui cominciavo a leggere di certe cose, in un contesto in cui mi permettevo il lusso di essere disattenta anche nella forma – oggi sullo stesso blog cerco di essere più attenta e meno strafalciona. Non condivido però che per le butch l’identità di genere non sia oggetto di riflessione perchè la parola genere contiene il precipitato con cui la cultura interpreta il sesso, non equivale cioè a identità sessuale. Quando scrivevo in quel modo, riflettevo con leggerezza e lasciando trasparire il senso di novità per il mio retroterra di vita, su in itinerario fi se.
    Ora siccome io ho una formazione psicodinamica – questa è parte dei miei strumenti – interrogarmi sulla relazione tra identità di genere, identità sessuale e orientamento fa parte dei miei obbiettivi di ricerca – proprio perchè quelle relazioni non hanno la ovvietà e la conseguenzialità che tu forse saresti disposto a imputarmi. Poi su come io usi questi strumenti boh lo decide chi legge – e non sta a me giudicare, nè persuaderti. Il mio tono polemico era verso altri e non te e ci siamo anche privatamente chiariti.

  17. ‘Identità sessuale’ è una classificazione che tiene conto della descrizione del corpo, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere. Mettiamo che una persona si ‘narri’ (perché il descriversi è in fondo una narrazione) come lesbica butch, probabilmente manifesterà una frizione, forse una sofferenza rispetto agli stereotipi di genere. Si collocherà sulla linea che rappresenta il genere, verso la polarizzazione della mascolinità. Però senza rappresentarsi come maschio, senza trovare incongruo il proprio corpo tanto da volerlo riassegnare. Senza nemmeno respingere totalmente l’idea di ‘genere’, ritenendo insomma di essere psichicamente una femmina, semplicemente manifestando il bisogno di non aderire ad alcuni stereotipi comportamentali.
    Accanto a ciò, ma appunto come dici anche tu senza essere una correlazione certa, l’orientamento sessuale (e affettivo) la porta verso persone con un corpo femminile.
    Ecco composta la sua identità sessuale, che è una variabile naturale del comportamento umano, esiste cioè da sempre, ma esistono da poco gli strumenti per ‘riconoscerla’ perché finora sono stati assorbiti da pregiudizi stigmatizzanti.
    Il messaggio di “Gender trouble” che tu citavi nel post tra l’altro ci dice che riflettere su questi casi fa esplodere la cristallizzazione cui è sottoposto il ‘genere’ rivelando un processo di costruzione culturale. Questo permette di avere una buona posizione di osservazione per fare critica della cultura (trasmissioni televisive, letteratura, eccetera).

  18. Andrea sulla prima parte della tua idea non sono molto d’accordo – perchè combacia con alcune storie di donne butch ma non con tutte, per le quali – per esempio la mia amica – è stata una conquista frutto di un processo piuttosto doloroso. La conobbi risolta, a quarant’anni sonati – ma mi raccontò di un passato difficile – in un certo senso i dati del sesso – le tette per dire – ci hanno questo potere catalizzatore di interpretazione, che non è che lo dici in du’ minuti mboh ce l’ho e mee tengo poi me vesto da boscaiolo ecco:)
    Invece concordo molto sulla seconda parte – ed è l’aspetto per cui sono grata a Butler e De Lauretis, su altre cose le sento distanti, altre addirittura mi fanno arrabbiare. Ma arrabbiarmi con Butler mi sta aiutando a strutturare delle domande – se non delle risposte.

  19. Una cosa banale che pero’ nn mi sembra che gli uomini abbiano notato nella loro discussione e’ quella dell’autorita’. Che autorita’ ha un uomo di dire la verita’, che e’ la sua e che oltretutto non e’ originata mai dall’esperienza, sull’immaginario femminile? Nessuna autorita’. Cosi’ come nessun uomo potra’ mai “mettere al mondo il mondo” cosi’ dovrebbe rassegnarsi ad interrompere un interessante monologo tutto interno al suo genere per ascoltare un genere altro che non puo’ in nessun modo tentare di costringere nelle sue categorie. Drive-In puo’ essere letto in molti modi, su questo non c’e’ dubbio, il modo di Aldo Grasso e’ uno dei tanti, ma con un problema. La voce maschile e l’immaginario maschile non sono nella realta’ attuale in cui siamo costretti a vivere una delle tante in un dialogo plurale e democratico. Lo ridico perche’ il punto e’ sempre lo stesso. Quello e’ ad oggi un mondo ideale che non esiste. La voce maschile monologante e’ l’unica esistente salvo pochissime e trascurabili eccezioni. Drive-In negli anni ’80 non ha avuto accanto qualcosa d’altro ma solo quell’immaginario, solo quell’erotismo come se fosse l’unico possible. Chi erano gli autori del programma? Uomini che parlavano ad altri uomini dove la donna non era mai il soggetto-interlocutore di un dialogo ma agente passivo di un dialogo tra camerati, tutto interno al maschile che definirei masturbatorio. Perche’ quando si toglie la parola al diverso, non solo lo si condanna al silenzio, ma si pretende anche di spacciarla per democrazia, si fa soltanto masturbazione. Masturbazione ideologica che e’ molto peggiore di quella eiaculatoria che fa solo bene alla salute. Pericolosa perche’ antidemocratica, razzista, lesiva dei diritti fondamentali di un genere a cui non viene riconosciuta la liberta’ di esprimersi come corpo e come mente.
    Quando qualcuno in Italia ha paura della censura mi viene una domanda di pura pragmatica, che e’ quella che fa Zanardo, ma gli inglesi, I tedeschi, gli svedesi sono stronzi o dementi per aver scelto un certo tipo di TV? Perche’ loro vi dicono tranquillamente: con tutto il porno che c’e’ su internet, con tutti I DVD che potete comprarvi per masturbarvi su Tini Cansino ma perche’ volete colonizzare la TV con il vostro immaginario unico, dispotico che impedisce alla donne una sessualita’ sana e liberata? Volete voi continuare a darci buoni consigli sui nostri orgasmi di cui non sapete assolutamente niente? Volete continuare a legiferare e ordinare e punire i nostri corpi? Pensate ai vostri che e’ gia’ un impegno grande, ai nostri ci pensiamo noi oppure ci pensiamo insieme, ma dovrete lasciare da parte la tentazione di prevaricare.
    Una donna ha l’autorita’ di parlare del suo corpo e del suo immaginario e di comunicarvi che no, Tini Cansino non va bene per noi, non possiamo identificarci perche’ non abbiamo le sue tette rifatte, non va bene perche’ e’ una donna irreale che non ci fa bene a noi donne reali che a forza di vedere solo lei e nient’altro, ci convinciamo che per scopare o sei come lei o vai in bianco perche’ agli uomini piace solo quello. Noi poi non abbiamo un fotomodello nudo da immaginare nelle nostre sedute masturbatorie, perche’ si signori, ci avete privato pure di quello, della masturbazione che e’ fondamentale per la formazione sessuale di una donna. E invece anche li’ il tabu’.
    Bastava guardare i visi felici e festosi dei compagni di classe maschi e le facce tristi, se non addirittura incazzate delle ragazzine(quelle erano le future femministe di quarta generazione), poi c’erano pure le vendute del dominio maschile, che poi sono di solito quelle che soffrono di piu’ alla fine perche’ trattate dagli ipocriti maschietti da “puttane”. Noi disgraziate potevamo masturbarci su Vito Catozzo? Ci vorrebbe da parte di un certo maschile molta piu’ umilta’, piu’ silenzio, piu’ ascolto. Perche’ la Butler la leggiamo eccome e non credo che niente delle sue teorie possa essere applicato per sdoganare Drive In come rappresentazione pluralista dell’immaginario. Quello che tu citi Simone su Butler e’ giusto ma non e’ pertinente al discorso che faccio io che non e’ legiferare l’immaginario maschile ma liberare il femminile. E qui Butler viene dalla mia parte, non dalla tua. Non scappiamo di fronte a questo, lo so che e’ dura ma e’ inevitabile. Mi sembra che avete parlato anche troppo dei nostri corpi e della nostra sessualita’ senza capirci un tubo per secoli. E anche adesso la situazione resta disperata se non per alcuni illuminati. Mi piace il maschile che circola su questo blog molto vivace e attento ma difendere Drive In adesso, in questo momento storico di urgenza, di assenza assoluta di qualsiasi parita’ uomo-donna, significa difendere il proprio orticello particolaristico e razzistico, impedendo all’altro di esprimersi. Non verra’ mai nessuna femminista a togliervi le maggiorate, ma proviamo a vedere se come unica rappresentazione maschile abbiamo dei superdotati palestrati seminudi, facciamo un es., una squadra di rugby o di pompieri ecc. come unica rappresentazione e poi vediamo dopo anni di bombardamento se non vi viene l’ansia da prestazione, se non volete allungarvi il pene, se non avete nulla su cui masturbarvi. Questo e’ massacro di un genere sull’altro genere perche’ la verita’ che fa male e’ che la liberazione del vero desiderio sessuale femminile non interessa al maschio, anzi gli fa paura, incontrare le donne vere, quelle che hanno voglia ma non hanno la quinta e non dicono sempre di si’ e’ scomodo. Non e’ come comprare qualcosa di cui abbiamo bisogno, e’ mettersi in gioco e rischiare. Quello che a noi ci tocca da sempre e che molti di voi nel cerchio protetto del dominio maschile evitano di fare. Molti uomini hanno ormai capito che pure la loro vita sessuale ci guadagna ad incontrare le donne vere, bene quelli saranno quelli che scoperanno di piu’ in futuro. L’obiettivo non e’ dire Drive-In e’ brutto o e’ male, ma dire Drive -In ci dicono le donne e’ razzista perche’ eleva a sistema un unico caso di femmina esistente al mondo, la bambola gonfiabile, vecchia passione maschile. E a partire da questa critica far decidere alla donne che cosa vogliono vedere, perche’, e negoziare. Si tratta sempre di compromessi in democrazia. In principio fu il dialogo e le donne sono le regine del dialogo, solo che se ci levate la parola, esistete solo voi e alla fine anche masturbarsi stanca…..

  20. Il genere, se lo descriviamo in modo scientifico e non secondo il senso comune, sta su un continuum, è una posizione tra ciò che convenzionalmente è mascolino o femminino. Questo significa che il passaggio tra una persona di sesso femmile che si rappresenta come donna e una che si rappresenta come uomo è sfumato. Può esserci un disagio legato al corpo, un senso dell’incongruità blando, oppure talmente pervasivo da richiedere un adeguamento. E’ la persona stessa che descrive questo passaggio con l’aiuto dello psichiatra/psicologo. Per quanto sfumato però il punto di svolta va determinato, bisogna capire se è necessario o no alterare il corpo. Da quello che dici, sembra che la tua amica vada oltre le cosiddette ‘butch’ che sono persone che non si rappresentano come transessuali o transgender. Probabilmente è davvero al limite della transessualità, senza oltrepassare la linea.
    Credo sia molto difficile rappresentarsi questo stato per la maggior parte delle persone, perché si è abituati a pensare il genere in modo binario, quindi a collocare in uno dei due contenitori, senza pensare che esiste dell’altro, degli altri da riconoscere per riconsegnargli quella dignità che gli spetta da sempre.
    Quasi ogni discorso sul genere custodisce il binarismo, lo impone normativamente. E’ difficile far capire alle persone che quasi tutti i loro discorsi sono normativi e violenti, anche quelli prodotti dalla minoranza morale femminile che combatte il modello patriarcale.
    Certo mi resta il dubbio che quello che dico sia certamente corretto, di una profondità splendida, che meriterei il nobel, l’oscar e lo scudetto insieme, ma che non sia praticabile, che l’irrazionalità non è eliminabile. Che certe battaglie si fanno alzando la voce più degli altri. Davvero non so.

  21. Non sarei troppo pessimista – il continuum del concetto di genere per esempio se proposto in maniera gentile ecco, offre la possibilità di essere acquisito, come quell’altro dell’orientamento sessuale – anche quello recentemente posto come continuum con una serie di possibilità di maggioranze relative o risicate. Proporre il continuum dicendo – guarda non ti dico mica che devi stare per forza in mezzo, se tu vuoi collocati anche sui cocuzzoli ma lascia agli interlocutori la possibilità di elaborare che esiste un mezzo possibile e che non c’è niente di sacrilego, viene recepito. Il binarismo – almeno allo stato attuale della cultura e delle cose che si fanno nella cultura – ha un richiamo molto forte potente e diventa massiccissimo con grandezze viscerali – figli si/figlino per esempio. Certe persone possono sentirsi non capite quando questa relazione non è accettata, e nella negazione totale del binarismo avvertono una nuova prescrizione, in cui non riescono a specchiarsi. Invece se poni il continuum come un range di sfumature che si dipana tra due estremi, conferendo legittimità a chi suona gli estremi come un violino passando da un lato all’altro – così come a chi preferisce gravitare su una parte sola, già è diverso.

  22. Se avete visto Striscia la notizia fin qui c’è stata una lunga serie di excusatio non petita con rassegna di tutte le trasmissioni Rai e film in cui le donne venivano esibite “peggio di Striscia”.

  23. Devo vedere il programma, ma apensarci è una buona notizia. Voglio dire non è che io proprio come occupazione maxima e ultimo obbiettivo di vita ci abbia cazziare Ricci. Nè sperare che capisca ciò che non vuole. Ma Ricci in questo modo partecipa al processo di presa di coscienza collettiva, e a me me fa solo che pro. Se ne parla fa esempi e tutto fa brodo.

  24. trasmissioni Rai e film?? Non ho seguito Striscia, ma trovo che mettere sullo stesso piano trasmissioni tv con il cinema e con le opere di fiction in generale sia scorretto da parte di Ricci.

  25. Nessuna nemesi. Con ogni probabilità il premier coglierà l’occasione della commemorazione delle vittime del terremoto per accampare l’ennesimo legittimo impedimento. Se andrà così, sarà l’insulto più grande.

  26. “come quell’altro dell’orientamento sessuale – anche quello recentemente posto come continuum con una serie di possibilità di maggioranze relative o risicate.”
    .
    “Recentemente”? Zauberai il primo rapporto Kinsey è del 1948…
    Noi abbiamo parlato di “Gender Trouble” che è del 1990. Le cose che ho scritto io sono acquisite in campo scientifico. Il binarismo verrà affrontato nel prossimo DSM.
    Questi strumenti dovrebbero essere pacificamente acquisiti, e dovrebbero essere il modo per ‘convincere’ invece che ‘vincere’ il potere. Invece mi pare che si vada avanti senza strumenti e a legnate. Forse deve essere così, forse non è una rivoluzione alla Basaglia. E dopo le donne ‘vere’, come le chiama Olga sopra, saranno altre minoranze ‘vere’ a praticare il metodo della legnata. Ma sia chiaro non lo dico dando un giudizio morale. Forse semplicemente è così.

  27. Andrea non parlavo del rapporto Kinsley esiste un lungo dibattito nei contesti della psichiatria e della psicodinamica sulle questioni dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, che solo nell’ultima versione del DSM hanno avuto un barlume di giustizia. Ma penso che in parte tu sia prevenuto verso di me – continuando a dirmi cose pensando di trovarmi in disaccordo quando per me sono perfettamente assodate, in parte penso anche che sia molto ot e forse questa non è la sede opportuna.

  28. Per il resto del tuo commento – si penso che sia semplicemente così, o meglio penso che ci sia una competenza e una vocazione allostrumento sofisticato e un’altra alla legnata. Non si può chiedere a chiunque giochi in una squadra di qualsiasi battaglia che sappia fare tutto – che ami fare tutto. Io pure sono per la diffusione degli strumenti critici a manetta – però alle volte mi devo rassegnare, oppure calcolare anticipatamente che lo strumento critico implica delle resistenze e delle difficoltà come delle mancanze. Le legnate non le amo affatto ma hanno un certo pregio – per esempio quello del tempismo. (Se uno se butta de sotto – fai prima a teneje una mano, perchè mentre argomenti si è già scaraventato) diciamo che ogni tanto ci vorrebbe almeno la mira precisa.

  29. Uhm, come fa a essere fuori luogo notare che i discorsi sul genere sono di due tipi: uno viscerale, basato sul pregiudizio, finalizzato a servirsi del metodo che si vuole combattere, quello normativo, semplicemente cambiandogli di segno; uno critico, scientifico e multidisciplinare, che ritiene che non c’è una liberazione né delle donne né di chiunque altro senza finirla con il genere come norma?

  30. “continuando a dirmi cose pensando di trovarmi in disaccordo ”
    .
    Assolutamente no Zauberei. Anzi penso esattamente il contrario. Penso esattamente il contrario perché so che dico tutt’altro che delle baggianate e ho fiducia nell’interlocutore e nel dialogo.

  31. Gli è che se su un blog si parla essenzialmente di questioni di genere i topics sono i diversi argomenti a proposito di genere – non è che basta centrare il grande tema, quando in un certo contesto c’è questione più specifica. – ma se non da noia ad altri o alla lipperini per me va bene parlare di questo. Io comunque non penso che i discorsi di genere siano solo di due tipi, penso che ci siano molte varianti interne nei modi di proporre il concetto di genere – e penso anche che ci siano delle cose piuttosto spinose – da considerare. Mi chiedo anche se non ti capiti di interpretare come normativo qualcosa che normativo non è un messaggio una considerazione. Poi sull’approccio multidisciplinare sono strad’accordo – non solo multidisciplinare ma anche un tantino affidato alla versione contemporanea delle discipline, compresa la psicologia. Sulla stampa e sui media la psicologia contemporanea che su queste cose va facendo molte interessanti ricerche, non è minimamente considerata, la moderna ricerca è citata solo a cazzo di cane in maniera isolata e manipolata da non addetti ai lavori. Più spesso si veicolano concezioni arcaiche e piuttosto superate – grazie alla pena di tremendi tuttologi opinionisti e cavoli vari. Quindi il problema della mentalità collettiva è anche un problema dell’informazione di cui la collettività dispone.

  32. @Olga: mi porti a sognare un Drive in a ruoli invertiti somministrato in puro stile Arancia Meccanica…
    non come cura, ma per vedere l’effetto che fa. Con quali categorie proseguirebbe il dibattito.

  33. “La voce maschile e l’immaginario maschile non sono nella realta’ attuale in cui siamo costretti a vivere una delle tante in un dialogo plurale e democratico.”
    Vero, grazie per averlo detto chiaro e tondo.

  34. Zauberei, certamente, c’è una psicologia contemporanea che fa enormi passi avanti aprendosi alla multidisciplinarità e finendola con l’atteggiamento difensivo verso i non addetti ai lavori. C’è posizione di ascolto che dà qualità.
    Laura a., non c’è bisogno di sognare, hai appena descritto i video di Lady Gaga. (Sì, lo so che l’intellighenzia italica li snobba, ma è poi necessario sentirsi intellighenti e italioti?). I tempi cambiano, alza la tua bandiera, la saluterò con piacere.

  35. Nel post di Loredana ‘Corrispondenza’ si è sviluppata autonomamente una discussione fatta di esempi che mostrano come il ‘genere’ è una costruzione normativa (obbligo + relativa sanzione della vergogna), non un dato.
    C’è la mamma che da bambina voleva giocare a calcio e la prendevano in giro, c’è un’altra mamma (è Zauberei) che riflette su come vestire il figlio per dargli una “piattaforma stereotipica solida per le sue relazioni” (che interpreto come: vorrei essere sicura almeno che gli altri non me lo sdrumino a iniziare dal vestito), eccetera…
    Ovviamente non intervengo, perché sarebbe come se irrompesse un tizio con la telecamera, il microfono eccetera per riprendere tutto e passarlo al tritacarne teorico. Lo dico qui, perché mi pare una cosa bellissima, che se diventassi prassi porterebbe una rivoluzione. La rivoluzione del: “ma dove sta scritto che bisogna fare così?”.

  36. 1. “vorrei essere sicura che altri bambini non me lo sdrumino” è fantastico andrea:))
    2. La questione della psicologia non è solo l’apertura alla multidisciplinarietà e alla consapevolezza di una storicizzabilità delle stesse teorie psicologiche (la psicologia è n’antra che arriva sempre per ultima, sempre più tardi) – è anche paradossalmente la ricerca del contrario cioè saper definire funzionamenti e meccanismi a prescindere dai gusti culturali. Che è un po’ il titanico obbiettivo di questo momento. A me dispiace che si facciano tante cose in questa direzione e sui giornali non se ne dica niente.

  37. Barbieri due cose:
    Tini Cansino e’ una donna vera, solo che in Drive-In interpretava un ruolo e non era una donna veramente disponibile al desiderio maschile ma un feticcio virtuale al di la’ di uno schermo televisivo. Essere donne vere, ma la parola giusta e’ reali, non era sinonimo di migliore, ma di realta’ contro simulacro (non Tini Cansino persona, ma Tini Cansino che interpreta la bambola gonfiabile su richiesta di autori maschi) Che poi Tini fosse assolutamente libera e consapevole di interpretare quel ruolo a noi donne al di la’ dello schermo ci sta benissimo. Ripeto: non ci nascondiamo. Lei pensa che siamo una minoranza che vuole stabilire una nuova dittatura dell’immaginario? Si sbaglia se e’ quello che pensa, ma posso pure aver frainteso, mi dica lei….
    Questo discorso si faceva gia’ negli anni ’70 a proposito delle rivendicazioni del femminismo storico come per es. l’aborto o il divorzio. Voi femministe, minoranza di donne istruite, intellettuali ecc. pensate davvero di rappresentare tutto il femminile? O non siete magari delle frustrate isteriche, una minoranza che vuole imporre una nuova dittatura alle donne che in casa picchiate dal marito di turno, impossibilitate a decidere del loro corpo, a dipendere economicamente da un uomo ecc sono felici e contente?
    La storia ci ha dimostrato il contrario. Questo e’ il percorso della democrazia e il nuovo terreno di battaglia, come aveva splendidamente spiegato Bourdieu, e’ l’immaginario laddove si annida la violenza simbolica. Drive-In e’ un caso esemplare di violenza simbolica di un genere dominante su un genere dominato. Il cammino per i diritti e’ fatto di dialogo, compromessi, non legnate. Non saremo noi femministe a darle, da sempre impegnate nel dialogo. Attenzione a non darle voi, per difendere quello che nessuno o nessuna davvero vuole togliervi. Ne’ la masturbazione, (ma fateci masturbare anche a noi, grazie), ne’ le maggiorate (amore di Fellini), ne’ le Tini’ Cansino e neppure le bambole gonfiabili. Vogliamo esistere anche noi, che non stiamo in una scatola, ne’ dietro uno schermo televisivo o di internet, ne’ in una rivista, siamo tutte diverse, ma garantisco che non tutte hanno il silicone, sono 1.80, dicono sempre di si’. Facciamo una prova statistica, raccogliamo firme? C’e’ stata una manifestazione il 13 che ha avuto diverse anime, ma ha detto qualcosa di importante da un punto di vista storico, direi che bisogna prenderne atto e andare avanti che c’e’ moltissimo da fare, anche insieme, nella collaborazione tra i generi, che appunto non sono due, ci mancherebbe!
    Su Lady Gaga credo che lei si sbagli, sono ottimi video in un’ottica da Gender Trouble e quindi mi trovano soddisfatta ma io dicevo una cosa molto diversa che Laura a. ha capito benissimo e grazie per Arancia Meccanica: geniale…..! Grazie anche a chi si e’ identificat* nelle mie parole.

  38. Sul dilemma serieta’ teorica, necessita’ della divulgazione c’e’ molto da riflettere. La militanza ha bisogno della divulgazione e contemporaneamente andare avanti con mezzi rozzi, le famose legnate, e’ pericoloso. Lavoro sottile, che pero’ bisogna imparare a fare, insieme, per raggiungere obiettivi politici concreti che non possono assolutamente seguire i tempi dilatati dell’accademia e della speculazione teorica (comunque necessaria). Grasso in questo secondo me fallisce. Fallisce prima di tutto perche’ adottando certi toni squalifica a priori tutto il suo discorso, perde credibilita’ immediatamente (facendo una vera e propria figuraccia) e peggio ancora ostacola l’obiettivo politico superiore che e’ quello a cui tutt* dovremo mirare, almeno a sinistra.

  39. Olga, se lei si rivolge a me dandomi un fantomatico ‘voi’, cioè inquadrandomi in un nonsodove con un nonsochi, usa il metodo della legnata dialettica (che prende l’aria)… insomma quando inizia il finezza-time mi chiami!
    .
    Lei continua a nominare Gender Trouble, ma lì l’idea della donna cosìddetta ‘vera’ (se ricordo bene usa proprio questa parola) viene criticata. Vabe’ sicuramente lei intendeva una cosa diversa. Forse è quello che a me viene semplicemente da chiamare ‘persona’.
    .
    Ho scritto ‘minoranza morale’ perché le femmine non sono una minoranza oppressa in senso statistico, ma lo sono comunque in senso morale.
    .
    Ci sono dei buoni motivi per finirla di usare, come fa lei, la parola ‘genere’ (gender) come sinonimo di ‘sesso’ (sex).
    .
    Qualche link per Zauberei:
    http://www.youtube.com/verify_age?next_url=http%3A//www.youtube.com/watch%3Fv%3DEVBsypHzF3U
    .
    http://www.youtube.com/watch?v=niqrrmev4mA

  40. @Olga: chapeau.
    @Zaub: ho provato a cercare quello che ricordo meglio – Alejandro- ma su youtube non c’è più – con quel titolo compaiono altre immagini. Comunque ha ragione Olga, saremmo su altri livelli.

  41. Alcune cose Andrea Barbieri che mi sono venute in mente – senza trarre inferenze alcuna sulla tua vita privata, ma io ho associato i tuoi discorsi a questo contesto:
    1. Allora mi succede questa cosa – spesso con amici omosessuali – quando discuto di femminismo. Abbiamo un’alleanza di fondo che è il desiderio dell’emancipazione nella nostra vita e il dovere di combattere la discriminazioni nelle nostre esperienze, non chè il desiderio di essere come vogliamo: solo che in realtà per questioni storiche e culturali i nostri obbiettivi sono diversificati. Io come donna rispetto a un omosessuale sono spesso premiata quando agisco e mi pongo sessualmente, idealmente il mio essere sessuale è il binario unico in cui mi posso muovere e la mia relativa libertà è nell’andare avanti e indietro. Ai miei amici omosessuali questa mia libertà è preclusa perchè l’essere soggetto sessuale è nel loro caso condannato dalla pubblica piazza. La discriminazione verso il mondo omosessuale è oggettivamente più forte e pervasiva che verso le donne, perchè mira a una negazione globale dell’essere: se una donna bacia il suo fidanzato in pubblico nessuno dirà niente, se una lesbica bacia il suo fidanzato in pubblico verrà presa a sassate. Se una donna dichiara di voler adottare un bambino è natutale, se una donna lesbica dichiara lo stesso oh tempora! oh mores!. E’ una cosa molto grave perchè sarò banale, prima di tutto noi siamo questo animale che vive – e deve essere libero di vivere, prima di pensare. Per questo faccio come posso per agire in queste altre battaglie – a me parenti, ma appunto non subito sorelle.
    IPerchè io credo che qui si cieli un corto circuito: i problemi per i due contesti sono diversi, ma il mancato riconoscimento genera reazioni confusive: quando il mio amico gino o pino che sia, mi dice – che non mi devo arrabbiare per via del Drive In e mi dice che sono una bacchettona – individua nella ragazza del Drive In il simbolo di una espressione sessuale che secondo lui è fondamentale e che spesso a lui è preclusa. Mi regala cioè una sua esperienza soggettiva. Ma io non ho questo problema io ora ho il contrario – che ovunque mi giri io posso solo essere Tinì Cansino, senza altre chance. Non voglio togliere ad altri la scelta delle immagini che desiderano, non voglio togliere Tinì Cansino nell’ideale del se di una donna e di un uomo. Semplicemente lei è troppo sola, oppure lei è circondata da troppi cloni. Ma se io volessi trovarne altri di ideali del Se, soggetti femminili rispondenti a un mio immaginario identitario – nell’attuale produzione italiana dove li troverei?
    2. Questa divergenza di sguardo tra esperienze diverse, c’è anche nella questione della cura dei figli, e di cosa fare degli stereotipi di genere con dei bambini piccoli. Quando fai un figlio vivi questo cambiamento: prima stavi sul fronte dell’emancipazione pura, ora incroci il valore della emancipazione con l’esperienza della trasmissione, di modelli di valori di pensare se come soggetto. Ti scontri con la perdita di verginità per cui non esiste un essere genitore vuoto di credenze per la pienezza dell’altro, ci può essere solo un genitore che con onestà dice al figlio prendi criticamente quello che sono. E soprattutto non esistono solo figli che vogliono ribellarsi agli stereotipi della cultura o che non ci si riconoscono: il tuo dramma – il mio e di tutte le persone colte e informate qui che leggono cose fichissime com e Butler, è che tuo figlio SPASIMA per aderire a sti cazzo di stereotipi di genere. Per un mucchio di motivi intrecciati e svariati e cogenti: essere maschio come il papà. essere complementare a mammà. Essere in una moneta sociale spendibile con gli altri. Essere come l’amichetto. Essere come dice la tivvù. Ma è un voler essere in cui i suggerimenti e le coazioni culturali che tu mamma progressista individui con orrore si intreccia a tante cose. Ecco perchè io dicevo, bisogna concedere la piattaforma di genere, naturalmente se richiesta. Non solo cioè per le pressioni – indubitabili eventualmente – dei pari.
    laura grazie:)

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