Ebbene no, il post del lunedì non è dedicato alla vicenda che ha fatto gocciolare saliva a un bel po’ di gente, durante questo week end, e che ha innescato uno dei più potenti (e atroci) colpi di coda che io ricordi: la rete diffonde, i giornali (specie le testate on line, dalle grandissime alle nanoscopiche) ci si tuffano di testa (anzi, di pancia) e rilanciano, la rete rilancia i giornali e comincia a esprimere i propri dubbi, le testate riprendono i dubbi e, ehi, aprono i sondaggi (da chi parte state? Forza, un bel clic, una faccina, un mi piace), la rete contesta i sondaggi, i giornali rilanciano ancora, e via così.
Lo avevo già scritto: sta diventando difficilissimo parlare in rete di violenza contro le donne, nel momento in cui la medesima è diventata brand, qualunque sia la merce da vendere. E dal momento che non esiste il titolo per parlare della “vera” violenza, e che nessuno ha il diritto di arrogarselo, taccio. Altre hanno parlato, e bene: la sottoscritta ha deciso di attendere fino alla maggior chiarezza su questa storia.
Invece, dedico il post a Pulp Libri, il bimestrale che nacque nell’aprile/maggio 1996 con le edizioni Apache. Nel primo numero la copertina era per James Ellroy, c’erano articoli su Daniel Pennac, Lou Reed, Paul Auster, Quentin Tarantino, interviste a Jerome Charyn, Paco Ignacio Taibo II, c’era uno speciale sullo splatter e un racconto inedito di Carlo Lucarelli. Certo, altri tempi, quando si pensava che molte cose fossero possibili, e soprattutto altre narrazioni, e quando quelle narrazioni cominciavano a trovare una strada, e un pubblico di lettori ancora non smarrito nella contemplazione delle proprie. Pulp Libri saluta e chiude. In una mail, Fabio Zucchella scrive: “con il n. 104 si chiude l’esperienza di “Pulp libri”. Dopo oltre diciassette anni, siamo costretti a interrompere le pubblicazioni. Il vostro sostegno, il vostro lavoro, sono stati parte essenziale di un’avventura che con il passare degli anni è diventata in Italia un punto di riferimento per molti lettori – e che mai come adesso dovrebbe proseguire, ma purtroppo le condizioni del “mercato” non lo consentono più”.
Alcune delle reazioni in rete, come era prevedibile, sostengono che se il mercato non c’è è ineluttabile che queste esperienze lascino il posto ad altre (quelle nuove, fighissime e gestite dal basso). Possibile, anche se non ci credo, e soprattutto al momento ne vedo assai poche. Un saluto a Pulp Libri, da una Fedele Lettrice.
Detto poi come se ciò bastasse a spiegare in che modo “queste esperienze” debbano lasciare il posto ad “altre”. Non mi pare ci sia trasformazione, passaggio di testimone, evoluzione. E’ un impoverimento comune, e basta.
(un saluto) e un grazie.
Mi ricordo quando compravo Pulp Libri, molti anni fa, quando ancora vivevo in Italia. Era una rivista differente e mi piaceve moltissimo. E’ un vero peccato che sia finita. Tutte le volte che passavo dall’Italia provavo a cercarla in qualche edicola ma non la trovavo facilmente. Mi stupisco solo che non abbiano provato la pubblicazione via web, provando a campare di pubblicita’ online e di abbonamenti digitali.
Stamattina avevo deciso di rifare l’abbonamento perchè le edicole che lo tengono era poche. e leggo ora che no ci sarà più PULP. fondamentale per chi legge al di fuori del commerciale noioso e piatto.
Un porto sicuro dove conoscere nuovi autori. 17 anni senza aver saltato un numero. Vado in edicola e non c’è più. Mi mancherà.